Il nuovo Regolamento umbro sulla caccia al cinghiale è operativo. Le novità introdotte, riguardano la caccia in forma singola e l’assegnazione di gruppi di settori contigui in funzione dei punteggi ottenuti nella precedente stagione venatoria. Inoltre è prevista la compartecipazione al pagamento dei danni da parte delle “squadre” e dei “singoli” nei distretti che durante la scorsa stagione venatoria non hanno raggiunto il piano di abbattimento previsto dagli Atc.
Alla luce delle novità introdotte, Arci caccia Umbria ha subito segnalato “alcune criticità di quanto la Regione ha prima proposto e poi approvato con l’appoggio, allora, di alcune sedicenti Associazioni tanto amiche dei praticanti la caccia al cinghiale”. Ecco quanto riferisce l’associazione venatoria in un comunicato: “La progressiva attuazione del Regolamento fa emergere le problematiche che abbiamo cercato di evidenziare fin dal 16 Marzo 2015, quando in una partecipatissima Assemblea fummo aggrediti dai fischi. Rispettando la maggioranza abbiamo accettato la logica del “così è se vi pare”. I problemi sono emersi per stabilire la quota d’iscrizione al distretto dei cacciatori singoli e per la possibilità di cacciare all’interno dei settori non occupati dalle squadre. Il conflitto tra cacciatori è un “crescendo”. “Divide et impera” pensavano i latini e qualche politico e moderno imbonitore del mondo venatorio. Presto si dovrà andare all’applicazione del dettato dell’articolo 5 comma 8, l’assegnazione di gruppi di settori contigui nel rispetto di una graduatoria stilata. Si parte nella stagione venatoria 2016-2017? Se il punteggio è assegnato secondo i criteri del regolamento, non è completamente chiaro. Se ne parlerà nel 2017? Una interpretazione letterale sembrerebbe dire che le squadre sceglieranno i settori in ordine di “graduatoria” già nel 2016, ma è facile immaginare che, chi è primo, avrà dei vantaggi (e resterà primo negli anni a venire?), alcune, forse gran parte delle squadre si vedrebbero assegnati settori di scarso valore venatorio e allora polemiche, inimicizie, contenziosi. Non ci vuole “l’astrologia” per intuirlo! L’Arci Caccia si auspica che prevalga il buon senso e che gli Atc siano in condizione di poter procedere all’assegnazione dei settori senza problemi.
I passaggi ancora da definire vedono, tra l’altro, stabilire (articolo 15), che la squadra è tenuta a corrispondere un contributo stabilito dall'A.T.C. quale quota di iscrizione al distretto di assegnazione (articolo 12-bis) e calcolata ai sensi dell'articolo 4 del Regolamento regionale 24 febbraio 2010, n. 5 (Regolamento di attuazione della legge regionale 29 luglio 2009, n. 17 che recita: “I Comitati di gestione degli ATC, per il conseguimento di quanto previsto al comma 3 nell'ambito dei piani di gestione, predispongono, per ogni distretto, adeguati piani di abbattimento e fissano gli oneri spettanti ai cacciatori operanti nel distretto, per l'indennizzo di eventuali danni causati dalla mancata realizzazione del piano stesso…”.
Chi raggiunge il piano di abbattimento pagherà quanto chi non riesce? Quanti euro per chi non raggiunge l’obiettivo perché nel settore non ha la presenza “oggettiva” dei selvatici, ma invece li ci sono i danni all’agricoltura?
Ringraziamo, inoltre, il Parlamento per aver creato confusione per le competenze sulla caccia: “defunte” le Province, tutto alla Regione. E così, per esempio, …cercansi sostituti della Polizia Provinciale di Perugia e Terni indispensabili per fare gli interventi di contenimento, per dirne una.
A completare l’opera, il ritardo accumulato a Perugia per i trasferimenti delle competenze; si aggiunge la lentezza al rilascio dei Decreti per le Guardie Giurate Volontarie. Chi li ha visti? Altro che intervenire nel controllo dei primi danni all’agricoltura; altro che gestione del cinghiale con coinvolgimento diretto delle squadre! Partecipano all’indennizzo dei danni e non sono messi nelle condizioni di intervenire. Ma di cosa parliamo?
Il mondo venatorio ha perso una grande occasione, non riuscendo a trovare la sintesi tra gli interessi dei diversi tipi di caccia: la conseguenza è un Regolamento con poche luci e molte ombre.
L’Arci Caccia ritiene che la Regione, anziché operare una scelta di “respiro gestionale” (la fauna selvatica è patrimonio di tutti) alimenta chiacchiere e corporazioni impotenti. La necessità è scindere le due questioni: caccia e contenimento e mettere in campo, diciamo sommessamente, la proposta dell’Arci Caccia..
Occorre stabilire i modi, i tempi e i luoghi della caccia al cinghiale e contestualmente lo spazio e il ruolo delle altre forme di caccia.
Il territorio è uno e la vera caccia è indivisibile. Per affrontare danni e controllo delle popolazioni ci vogliono regole certe, priorità per la prevenzione. La capacità di carico di un territorio va rispettato e l’utilizzo delle carni, quelle derivanti dagli interventi di contenimento e più in generale deve essere sanitariamente sicura e commerciabile ai sensi della legge per avere un valore, prima che economico, culturale.
Vorremmo poter parlare oltre che di cacciatori, di operatori qualificati che governano l’ecosistema al servizio della collettività.
Se perseveriamo negli errori, alimentiamo l’idea che a qualcuno forse fa comodo un mondo venatorio litigioso e incapace di gestire.
Si continua a screditare la “caccia sociale” e la fauna oggi bene pubblico perché qualcuno ha interesse a una caccia a pagamento e il conduttore del fondo dirà quanto dovrai pagare per entrare? Siamo preveggenti, quando accadrà segneremo sul tesserino i bonifici bancari”.