Lo Stato maggiore dell’esercito ha approvato lo scorso settembre una nuova direttiva tecnica per il Tsn in galleria, che implica il divieto assoluto di sparare con munizioni ricaricate. L’Uits, per il momento, tace
È entrata in vigore in sordina, lo scorso settembre, ma risulta già recentemente applicata nella concessione delle agibilità di alcuni Tsn. Parliamo della nuova direttiva tecnica emanata dallo Stato maggiore della Difesa, che si propone di sostituire la direttiva Dt/P1 edizione 2005 per i poligoni in galleria (quindi i cosiddetti tunnel). Si tratta di un documento ponderoso, di 150 pagine nelle quali si forniscono prescrizioni certosine su soluzioni tecniche, materiali, procedure per la gestione dei poligoni in galleria facenti parte delle sezioni Tsn (la direttiva si applica solo al Tiro a segno nazionale, non ai poligoni privati).
Alcuni contenuti di questa direttiva tecnica sono sicuramente positivi, come la previsione di impiego per i materiali fonoassorbenti di prodotti esclusivamente del tipo a cellule chiuse (bandendo le schiume a cellule aperte che risultano pressoché impossibili da pulire in modo approfondito dagli incombusti). Altri, però, risultano a nostro avviso decisamente criticabili, tra questi c’è innanzi tutto ancora oggi la previsione del limite di energia cinetica di 3.400 joule per le agibilità di terza categoria. Sembra in effetti che i militari ancora oggi, nel 2020, non abbiano cognizione del fatto che esistono calibri maggiormente prestazionali (sia in ambito civile, sia tra le armi individuali in dotazione alle forze armate) rispetto al classico 7,62×51 mm.
A ghiacciare il sangue nelle vene è, però, la previsione contenuta nell’allegato “J” che, analogamente a quanto già previsto negli allegati della Dt/P1 edizione 2005, proibisce l’impiego negli impianti di tiro di “munizionamento spezzato, perforante, esplosivo, incendiario, tracciante e comunque proscritto dalle verifiche balistiche effettuate da parte del B.N.P.A.F.P”. A questo elenco di munizioni non impiegabili (e non è difficile comprendere il perché), una maliziosa manina ha tuttavia aggiunto, nell’edizione 2020, anche la parola “ricaricato“, con questo mettendo al bando nei tunnel l’utilizzo di cartucce frutto di ricarica domestica. È appena il caso di sottolineare che questo si traduce, di fatto, nella esclusione di tutti coloro i quali praticano discipline sportive che non siano quelle strettamente olimpiche o comunque disciplinate dall’Issf, dal tiro con armi ex ordinanza (lunghe e corte) all’impiego di armi civili in calibri obsoleti (vi dice niente il 7,65 parabellum?) e così via.
Il problema è già grave di per sé, diventerebbe drammatico nel momento in cui analoga soluzione fosse scelta anche per la nuova direttiva tecnica destinata ai poligoni chiusi a cielo aperto e non possiamo fare a meno di evidenziare come sia sorprendentemente (o forse no, non sorprendentemente) analogo questo divieto sull’uso delle munizioni ricaricate, a quanto si stava cercando di fare alcuni mesi fa nella famigerata bozza di regolamento per i poligoni privati. Stessa “manina” o semplicemente una forma mentis burocratico-ministeriale che è completamente avulsa dalla realtà quotidiana dei Tsn?
L’Unione italiana Tiro a segno per il momento sull’argomento è silente: sul sito dell’Uits non c’è al momento traccia della nuova direttiva e a quanto ci risulta, le recenti verifiche svolte dalle autorità militari nei Tsn per le agibilità non hanno visto la partecipazione del rappresentante Uits. Il commissario straordinario Igino Rugiero, per la verità, aveva in effetti auspicato un rinnovamento delle direttive tecniche con un comunicato dello scorso giugno, ma le indicazioni da lui auspicate si può dire che siano state sostanzialmente disattese dal nuovo documento tecnico per i tunnel che, anzi, sembrano andare in direzione opposta. Ciò premesso, appare di tutta evidenza che nel momento in cui l’Uits si fa da parte, anche solo per sottolineare il proprio dissenso, alla fine con il cerino in mano a dover fronteggiare la situazione restano i singoli presidenti di sezione e, in definitiva, tutto il movimento del tiro in quanto tale.
La situazione è ancor più paradossale considerando che sulla questione delle agibilità è stata approvata nell’agosto 2019 una legge (la n. 86) che esplicitamente assegna al governo il compito di emanare una serie di decreti legislativi, in particolare per trasferire le “funzioni connesse all’agibilità dei campi e degli impianti di tiro a segno esercitate dal Ministero della difesa all’Unione italiana tiro a segno, anche con la previsione di forme di collaborazione della stessa con il predetto Ministero, previa puntuale individuazione delle risorse umane, strumentali e finanziarie da trasferire” (articolo 5, lettera “m”). Peccato che a oggi i famosi decreti legislativi non ci siano e, quindi, che si continui alla vecchia maniera.
È necessario essere molto chiari: la sicurezza degli impianti di tiro è una priorità assoluta e non negoziabile. Detto questo, esistono infinite modulazioni diverse su come assicurare questo principio fondamentale. Bandire la ricarica a nostro avviso non è uno di questi sistemi. Già in tempi non sospetti ci siamo espressi sulle paranoie (all’epoca) dell’Uits sull’attività della ricarica e avevano già all’epoca affermato che il modo per garantire la sicurezza di tutti esiste, senza per questo scegliere la vita “facile” che è anche la via più ottusa, di proibire tout court. Speriamo che lo svincolo dei militari da questo tipo di incombenze diventi veramente realtà ma, soprattutto, che con l’Uits si possa finalmente ragionare in termini moderni e aderenti alla realtà del quotidiano, anziché su presupposti ormai preistorici e soprattutto antistorici.