Non può che essere l'attualità il polo centrale dell'attenzione del numero di agosto di Armi e Tiro: ampio spazio dedicato al nuovo tentativo del ministero di reistituire il catalogo nazionale e di obbligare a classificare sportive le armi di aspetto militare. Ancora una volta il loro piano è fallito, ma non bisogna abbassare la guardia!
Le prove si aprono con una carabina economica ma ben rifinita e, soprattutto, precisa per la caccia: è la Weatherby Vanguard Series 2 Synthetic calibro .308 Winchester. Per i patiti di Ar15, abbiamo invece provato un accattivante prodotto italiano, l'Sps Invictus Xm12 calibro .223 Remington con canna di 12,5 pollici! Economica, ma godibile e ben fatta la pistola Bul Desert eagle 1911 Government calibro .45 acp, propedeutica e divertente la Ruger 22/45 Mk III bull barrel calibro .22 lr. Per i tiratori a canna liscia, quello di agosto è un numero a tutto sport: Caesar Guerini Ellipse evolution sporting e Fabarm Xlr Velocity calibro 12 per il Percorso di caccia, Beretta 1301 Comp calibro 12 per il Tiro dinamico. La rubrica dedicata all'aria compressa vi parlerà di una full power di gran classe, la Daystate Huntsman Xl calibro 5,5 mm. Per i cultori delle armi da collezione, la storia completa, con documenti inediti, delle P38 prodotte sotto controllo francese dopo la seconda guerra mondiale. E poi la prova comparativa delle palle per la ricarica del .45 acp, il salone Eurosatory, la fabbrica di ottiche più grande d'Europa, le 9 mm espansive europee per uso di polizia e molto, molto di più. Buona estate con Armi e Tiro!
“Qui si premiano i malfattori!”
Di Massimo Vallini
Così Ermes Mattielli, imprenditore vicentino di 59 anni, ha commentato la condanna subita per aver ferito a colpi di pistola due nomadi scoperti a rubare nella sua azienda. Dovrà risarcire i delinquenti con 120 mila euro, anche se entrambi sono stati condannati a loro volta per il tentato furto.
Un commento su tutti, perché tanto il mio lo conoscete. Quello del professor Ugo Ruffolo: “Si può difendere con le armi solo la vita, o anche la proprietà? È un criminale chi spara al ladro che scappa. Ma non chi spara a quello che irrompe con protervia accanto al talamo, o che, sorpreso a rubare, non fugge, ma si rivolta brandendo spranghe. Come nel nostro caso. Perché l’articolo 52 del codice penale, riformato nel 2004, consente ora la legittima difesa anche deibeni «…quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione». Si è spostato in avanti, ma resta labile, il confine fra legittima difesa e eccesso colposo d’essa. Se lo si supera si è rovinati. Una singolare considerazione. Se quei ladri fossero stati invece sbranati da cani lasciati liberi in cortile, nessuno sarebbe stato condannato (è successo più volte). Eppure, i cani feroci sono più pericolosi e meno selettivi delle pistole. Due pesi e due misure? Sulla legittima difesa, così, i giudizi sono talora falsati da pregiudizi? È vero, per il furto non c’è pena di morte. Ma la licenza di rubare, sprangando i proprietari non consenzienti, non è ancora un diritto”.
Ma allora come si spiega la condanna a undici anni e quattro mesi della guardia giurata di 40 anni, Mauro Pelella, che lo scorso 4 aprile sparò a tre rapinatori in fuga dopo un colpo in banca nel centro di Quinzano (Bs)? Due rimasero uccisi. Stando alle due sentenze, i giudici reputano evidentemente che neanche la guardia giurata possa difendere il patrimonio. Ma soprattutto valutano irrilevante che si possa uccidere o ferire criminali che, con tutta probabilità, avrebbero fatto lo stesso con chi si è difeso.
Esprime solidarietà al vigilante il sindaco di Quinzano, Maurizio Franzini: “Qui la gente è tutta dalla sua parte: apprezzano il suo intervento e in fondo dicono: «Pazienza, due banditi in meno»”. Franzini ha spiegato che anche per i due rapinatori “dispiace dal punto di vista umano”, ma la sua principale preoccupazione era che la popolazione non venisse coinvolta perché poteva accadere di tutto. “I miei compaesani sono esasperati”, ha concluso, “e la compassione mi accorgo che non esiste più”.
Bisogna chiedersi fino a che punto uno Stato liberale (ammesso che l’Italia sia tale) ha il diritto di punire una persona che si difende da un’aggressione che proprio lo Stato non è riuscito a impedire. «È lo Stato che è inadempiente quando uno viene aggredito in casa ed è costretto a difendere da solo i propri diritti naturali», ha dichiarato il giudice Carlo Nordio. Inadempiente o illiberale, il nostro Stato, da un lato, non pretende, almeno a parole, che il cittadino non rinunci a difendersi, però, dall'altro lato sembra riservare a sé anche il minimo uso della forza. Vediamo con quali risultati.