Undici anni dopo la sua morte, il tesoro di Bettino Craxi va all'asta: il curatore fallimentare nominato dal tribunale di Milano è Paola Grossini. La moglie del vecchio leader socialista, Anna Moncini, e i figli si sono messi d'accordo e, per pagare i debiti accumulati dal padre con la giustizia e liquidare i creditori che ancora aspettano il risarcimento stabilito dalla sentenza sulla bancarotta del vecchio Banco ambrosiano, hanno deciso di vendere i 172 pezzi di una collezione unica, composta soprattutto di cimeli garibaldini.
Un busto di terracotta di Giuseppe Garibaldi scolpito da Ximenes, comprato da un antiquario di via dei Coronari, ricevuto in regalo da un amico per la festa di compleanno. Un biglietto autografo dell’eroe dei due mondi, omaggio di Giovanni Spadolini, che lo aveva prelevato dalla sua collezione. E poi dipinti di soggetto risorgimentale, lettere, perfino soldatini in camicia rossa acquistati al mercatino di Bollate.
Si chiuderà così una vicenda cominciata quattordici anni fa, con il sequestro, nel porto di Livorno, di 250 casse, pronte per essere spedite ad Hammamet. Una telefonata anonima aveva avvisato che sulla motonave Linda, diretta in Tunisia, quel carico di “lana grezza” era invece un carico di “tesori”. In effetti, imballati con nastri da pacco, c’erano stampe, libri, cappelli, divise, camicie rosse, oggetti d’arte antica, spade e pistole di epoca risorgimentale. Abbandonata la sua casa di via Foppa a Milano, Craxi, all’epoca già condannato a cinque anni e mezzo per corruzione, deciso a non rientrare in Italia, aveva voluto con sé, nella sua ultima residenza, quello che aveva collezionato per tutta la vita.