Sarà probabilmente ricordata come l’estate dei fidanzati assassini. E anche, manco a dirlo, come l’estate delle solite speculazioni d’accatto sull’uso improprio delle armi. A rendere note le sue opinioni in proposito è stato questa volta il pubblico ministero che indaga sulla tragica fine di Eleonora, la ragazza uccisa ad Asseggiano (Ve) da Fabio Riccato, il quale poi si è a sua volta suicidato. «Bisogna cominciare a chiedersi», ha commentato il Pm Roberto Terzo, «come mai questo ragazzo avesse tutte queste armi in casa, se sia giusto che chiunque possa detenere in casa un arsenale. Pensano di usarle per difendersi da rapinatori, nomadi, stupratori, in realtà quasi sempre creano più danno a chi le maneggia di quanto non servano a difendersi».
Si tratta, a nostro avviso, di affermazioni piuttosto gravi, sia per la superficialità con la quale sono espresse, sia per la carica ricoperta da chi le ha espresse. Innanzi tutto, sembra che il famigerato “arsenale” fosse composto da due armi in tutto (una pistola e un fucile) e non si capisce, comunque, quale attinenza abbia il numero di armi detenute con il delitto che, infatti, è stato compiuto (come ordinariamente avviene) con una sola arma. Sul fatto che “chiunque possa detenere in casa un arsenale”, occorre ricordare che esistono ben precisi requisiti stabiliti dalla legge per acquistare una o più armi, e che l’indisponibilità di un’arma da fuoco non impedisce di per sé, purtroppo, il verificarsi di questi tragici fatti di sangue, come troppo spesso si è dimostrato in questi giorni. Più di tutto, è quantomeno strano che determinate affermazioni provengano proprio da un appartenente a una categoria di cittadini, i magistrati, che possono avere armi in virtù della loro semplice qualità, senza dover presentare certificati medici o altro.