Si svolgerà a Bologna il prossimo 26 settembre la riunione del direttivo dell’associazione Polis aperta, per elaborare lo statuto e definire un programma di iniziative. Si tratta della prima associazione in Italia che si propone di riunire gli appartenenti alle forze armate o dell’ordine gay e lesbiche. Gli aderenti sono finora circa 200, anche se per molti non è facile esprimere pubblicamente la propria omosessualità: «per molti di noi», racconta un associato dalle…
Si svolgerà a Bologna il prossimo 26 settembre la riunione del direttivo
dell’associazione Polis aperta, per elaborare lo statuto e definire un
programma di iniziative. Si tratta della prima associazione in Italia che si
propone di riunire gli appartenenti alle forze armate o dell’ordine gay e
lesbiche. Gli aderenti sono finora circa 200, anche se per molti non è facile
esprimere pubblicamente la propria omosessualità: «per molti di noi», racconta
un associato dalle pagine del corriere.it, «il timore non è quello di una
ritorsione violenta, quanto della discriminazione strisciante. E il disagio per
il machismo quotidiano che chi è in divisa è costretto a vivere, fatto di
battute e di linguaggi, lo stesso che le donne entrate in servizio
nell’esercito e in polizia hanno contribuito a cambiare, senza tuttavia
riuscire a cancellarlo». L’associazione Polis aperta ha chiesto al ministero
della Difesa di essere riconosciuta come associazione mista e senza finalità
sindacali. Tra le iniziative allo studio, l’ipotesi di creare gruppi di
poliziotti gay capaci di formare i colleghi insegnando loro a intervenire in
caso di reati o violenze che riguardino gli omosessuali. Un programma del
genere esiste già in Spagna, nella Guardia civil.