La Repubblica.it ha pubblicato un articolo che ha suscitato un certo scalpore, relativo a quanto accaduto poche ore fa alla stazione di Roma Termini, dove un poliziotto ha sparato, colpendolo all’inguine in modo non mortale, a un ghanese irregolare di 44 anni che, in evidente stato di alterazione, minacciava gli agenti stessi (e le altre persone presenti) con un coltello. La procura della Repubblica ha (doverosamente, sia chiaro), avviato un’inchiesta per valutare eventuali responsabilità e la congruità dell’intervento eseguito.
L’articolo tuttavia parla di “polemica nel blitz”, citando un non meglio precisato esperto di antiterrorismo e suggerendo la tesi secondo la quale l’agente non avrebbe dovuto sparare in quanto “il sospetto aveva un coltello ma era solo, i poliziotti operavano in dieci”.
Secondo l’esperto, in particolare, la modalità (a questo punto da intendersi preferibile all’uso dell’arma da fuoco) era “la triangolazione: il fulcro è l’obiettivo. Noi, in quel caso erano una decina, gli giriamo intorno. Nel frattempo si chiede aiuto, si tiene lontano con lo sfollagente l’uomo da bloccare. Si ancora a una parete a poco a poco. Dobbiamo portare la pelle a casa, non siamo certo pazzi”.
Ma quali polemiche?
A noi sembra, piuttosto, che le polemiche siano costruite a tavolino (dai colleghi di Repubblica, non dall’esperto), allo scopo ancora una volta di delegittimare l’operato degli appartenenti alle forze dell’ordine, che spesso e volentieri si trovano a operare con assoluta scarsezza di mezzi operativi. Da poco tempo, infatti, vengono distribuiti (ma non a tutti gli operatori) guanti anti-taglio, invece i corpetti sottocamicia anti-taglio e anti-perforazione sono un miraggio, fermo restando che un fendente portato alla gola dell’operatore risulta sicuramente mortale anche in presenza di questi dispositivi di protezione individuale. L’arma da fuoco è senza dubbio una opzione che può risultare ridondante ed eccessiva in determinati contesti, proprio per questo sarebbe invece fondamentale la distribuzione e l’impiego del Taser, che ha lo scopo specifico di consentire l’immobilizzazione in sicurezza dell’aggressore senza determinare danni permanenti al suo organismo ma, soprattutto, evitando il contatto corpo a corpo con gli operatori, che può risultare pericoloso e letale per questi ultimi ma, nella concitazione, può determinare danni e lesioni anche gravi all’aggressore medesimo. È appena il caso di ricordare, tra l’altro, che una specifica circolare dell’allora capo della polizia Franco Gabrielli ha formalmente vietato agli operatori della polizia di Stato di integrare il proprio equipaggiamento con elementi di acquisto e approvvigionamento privato.
La nostra posizione è, a quanto pare, quantomeno condivisa dalla questura che, bontà sua, in una nota ha dichiarato: “è stato costretto a utilizzare l’arma in dotazione e a esplodere un colpo di sicurezza, indirizzandolo agli arti inferiori”.
Quando gli operatori delle forze dell’ordine saranno dotati di tutti gli strumenti necessari e attuali, che negli altri Paesi sono in dotazione ormai da anni, si potrà discutere su quali procedure fossero in concreto preferibili da attuare. Fino a quel momento, l’unica cosa che è possibile fare è ringraziare i poliziotti (e i carabinieri) per il loro quotidiano sacrificio nell’ovviare alle carenze dell’amministrazione e della politica. Quindi, ragazzi, GRAZIE.