Alla fine si è sbloccata la “mini-crisi” tra il Governo Draghi e gli M5S, sul nodo dell’aumento delle spese da destinare alla Difesa: come è noto, gli accordi a livello Nato prevederebbero che l’Italia investa fino al 2 per cento del Pil, ma il partito capitanato da Giuseppe Conte ha evidenziato, negli ultimi giorni, una opposizione a questo investimento (quantomeno in relazione ai tempi, piuttosto ravvicinati, per raggiungere il tetto), proprio in occasione della conversione in legge del decreto “Ucraina” in Senato.
Alla fine l’accordo, condiviso da un lato dal presidente del consiglio Draghi e dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini, dall’altro dal movimento 5 stelle, è stato raggiunto e prevede di raggiungere, sì, il livello previsto di spesa (peraltro già aumentata nel 2018 e 2019 anche quando lo stesso Giuseppe Conte era presidente del consiglio), ma con maggior gradualità e progressività, ovvero entro il 2028 e non, come preventivato, entro il 2024. La soluzione di compromesso è stata accolta con favore anche dal segretario Pd, Enrico Letta.
In teoria il primo “banco di prova” dell’accordo dovrà essere la presentazione del Documento di economia e finanza, nel quale dovrebbe essere contemplata la necessità di aumento delle spese militari, tuttavia il presidente Draghi ha precisato che non è prevista una indicazione di cifre specifiche per le spese militari.