Certo non deve essere facile, aver passato gli ultimi vent’anni a parlare di pace “senza se e senza ma” e poi ritrovarsi sbertucciati sul web con finti manifesti che ritraggono il segretario del Pd Enrico Letta con l’elmetto in testa. Sta di fatto che proprio la base elettorale del Partito democratico sembra in questi giorni essere la più smarrita e “scollata” rispetto alle scelte della dirigenza e, in particolare, rispetto a quella ortodossia atlantista e filo-americana che persegue inossidabilmente la via dell’invio di armi all’Ucraina. Per consentire al Paese aggredito la “resistenza”, parola magica che appartiene al Dna della sinistra e sembra in grado di sdoganare qualsiasi cosa, certamente, ma che oggi sempre più italiani, e di sinistra per di più, si chiedono quanto sia destinata a durare e a quali conseguenze porterà.
Così, per esempio, è capitato alle celebrazioni per il 25 aprile di sentire fischi al corteo di Milano e slogan “Letta servo della Nato”, e un recente sondaggio Euromedia research evidenzia come il 27 per cento dell’elettorato Dem si dica contrario all’invio di armi all’Ucraina.
Anche alcuni dirigenti del Pd, specialmente di area cattolica, cominciano a esplicare i primi distinguo. Così per esempio Graziano Del Rio in una intervista al Fatto quotidiano, si chiede retoricamente se “il problema è se da una guerra di legittima resistenza si passa a un indirizzo diverso per umiliare il governo russo”.
Nel frattempo, alle richieste di confronto in Parlamento espresse da Giuseppe Conte e dal movimento 5 stelle in merito all’invio del secondo lotto di armi italiane, si aggiungono le recenti dichiarazioni in Senato da parte del segretario della Lega, Matteo Salvini: “A chi vanno queste armi? Non c’è un rapporto esercito-esercito. Cosa succede fra due mesi? Queste armi salvano la vita dei civili ucraini o condannano altri civili ucraini? Quando si parla di guerra occorre cautela. All’inizio, come la stragrande maggioranza degli italiani, ho detto subito sì, senza se e senza ma, all’invio di aiuti economici, umanitari e militari per l’Ucraina. Sono passati due mesi, è servito? Inizio ad avere dei dubbi. Secondo me, adesso, Zelensky e Putin potrebbero e dovrebbero sedersi a un tavolo. Non vorrei che ci fosse qualcun altro, per altri interessi, a non volerli fare sedere al tavolo”. E ancora: “Biden non vive sulla sua pelle come gli ucraini, i polacchi, gli europei e gli italiani quello che sta accadendo e usa troppo spesso parole di guerra. Il Papa è l’unico uomo di Stato che parla da due mesi di pace, che propone il Vaticano e l’Italia come luogo della pace: invece altri politici a Est e a Ovest parlano di armi e armi. E più armi si mandano, più la pace si allontana”.
In compenso, il segretario Pd Letta ha sottolineato di non avere problemi rispetto alla possibilità che il presidente del Consiglio o il responsabile della Difesa riferiscano al Parlamento sull’invio di armi all’Ucraina, formulando anche un appello perché “sia l’Europa a tentare di rimettere la vicenda Ucraina sui binari della diplomazia, dopo il fallimento del primo forte tentativo verso una tregua, quello del segretario generale dell’Onu Guterres”. Parole che alcuni commentatori interpretano come un tentativo per uscire dall’attuale imbarazzo, nei confronti della sua base elettorale.
Il paradosso
Certo non si può fare a meno di evidenziare la situazione paradossale venutasi a creare tra le attuali posizioni del Pd e l’orientamento storico del partito democratico rispetto alle armi, in particolare quelle legalmente possedute dai cittadini italiani: da una parte, cioè verso l’Ucraina, una adesione netta, compatta e immediata al concetto di autodifesa e all’invio di strumenti bellici (quindi violenti, mortali) per conseguire questo risultato; dall’altra, cioè nei confronti dei cittadini italiani, la continua evocazione del “far west” se anche solo ci si azzarda a parlare di difesa personale, i reiterati ddl volti a strangolare il più possibile il possesso legale di armi anche quando volto ad attività che nulla hanno a che vedere con la guerra e la violenza, come il tiro a segno. Si vede che il “far east” è più bello del “far west”, non c’è dubbio…