Con sentenza n. 26787 del 30 marzo 2022 (pubblicata il 12 luglio 2022), la I sezione penale della Cassazione è tornata a occuparsi dell’omessa custodia di armi.
In particolare, il tribunale in primo grado aveva condannato un cittadino per violazione degli obblighi di diligente custodia delle armi (ex art. 20 della legge 110/75), perché le armi, rubate in casa dell’imputato, sarebbero state custodite in luoghi inadeguati e, più nello specifico, dentro una credenza aperta e sotto il guanciale del letto, come riferito dallo stesso agli agenti di polizia intervenuti successivamente.
La Cassazione ha, tuttavia, accolto il ricorso contro la sentenza di primo grado, dichiarando che “L’obbligo di diligenza nella custodia delle armi previsto dall’art. 20 della legge 18 aprile 1975 n. 110, quando non si tratti dì soggetti che esercitino professionalmente attività in materia do armi ed esplosivi, deve ritenersi adempiuto alla sola condizione che risultino adottate le cautele che, nelle specifiche .situazioni di fatto, possono esigersi da una persona di normale prudenza, secondo il criterio dell’id quod plerumque accidit. (Sez. 1, n. 46265 del 06/10/2004, Aiello, Rv. 230153: nella specie, la Corte ha annullato senza rinvio la decisione di condanna di un soggetto il quale aveva tenuto due fucili da caccia sopra un armadio all’interno della propria abitazione, dotata di porte blindate e di inferriate alle finestre; in senso conforme Sez. 1, n. 6827 del 13/12/2012, Arconte, Rv. 254703, e Sez. 1, n. 35453 dell’11/05/202.1, Sciortino, Rv. 281897).
Orbene, nel caso in esame, come evidenziato col secondo motivo del ricorso, la responsabilità dell’imputato si fonda sulla testimonianza resa in data 25 febbraio 2020 dall’agente di polizia giudiziaria (OMISSIS) in ordine a quanto riferito dall’imputato all’atto della denuncia di furto delle armi e di successivo sopralluogo presso la sua abitazione circa le modalità di custodia delle stesse (in una credenza aperta e non blindata nonché sotto il guanciale del letto dell’imputato), legalmente detenute, al medesimo sottratte. È, pertanto, evidente che l’agente dir polizia giudiziaria non poteva riferire sulle informazioni allo stesso rese da (OMISSIS), a maggior ragione per il contenuto indiziante a carico di quest’ultimo, che avrebbe, altresì, imposto, nel momento in cui (OMISSIS) le rendeva, gli adempimenti di cui all’art. 63, comma 1, cod. proc. pen. da parte dell’autorità procedente.
Se a ciò si aggiunge che le forze dell’ordine hanno riscontrato, attraverso il sopralluogo svolto successivamente alla denuncia, come la casa fosse fornita da presidi metallici antifurto (quali catene con lucchetti di sicurezza sul cancello carrabile e sul portone di ingresso, nonché grate in acciaio e vetro blindato), risulta chiaro che il Tribunale non avrebbe potuto affermare che l’imputato non aveva custodito con la dovuta diligenza le proprie armi, ai sensi dell’art. 20, commi 1 e 2, della summenzionata legge, non sussistendo prova alcuna circa l’assenza delle cautele necessarie alla custodia delle stesse”.