Il 24 maggio scorso, la senatrice Ilaria Cucchi (alleanza Verdi e Sinistra) ha presentato una interrogazione parlamentare ai ministeri della Salute e dell’Interno, evidenziando come i recenti decreti legislativi di attuazione delle direttive europee prevedano l’istituzione di un nuovo sistema informatico destinato alla tracciabilità delle armi e delle munizioni che siano state immesse sul mercato nazionale e di un decreto che definisca “una modalità di scambio protetto dei dati informatizzati tra il servizio sanitario nazionale e gli uffici delle forze dell’ordine “nei procedimenti finalizzati all’acquisizione, alla detenzione e al conseguimento di qualunque licenza di porto delle armi, nonché le modalità informatiche e telematiche con le quali il sindaco, in qualità di autorità sanitaria, comunica agli uffici e ai comandi delle forze di polizia l’adozione di misure o trattamenti sanitari obbligatori connessi a patologie che possono determinare il venire meno dei requisiti psicofisici per l’idoneità all’acquisizione, alla detenzione e al rilascio di qualsiasi licenza di porto d’armi, nonché al rilascio del nulla osta”.
“A tutt’oggi”, scrive la senatrice nell’interrogazione, “non risulta all’interrogante che tale decreto sia stato adottato, nonostante il fatto che lo scambio di informazioni e la previsione di un coordinamento tra la struttura sanitaria che ha in cura il soggetto affetto da disturbi mentali, di personalità o comportamentali e l’autorità di pubblica sicurezza permetterebbe di intervenire tempestivamente per il sequestro dell’arma, ma anche, e soprattutto, costituirebbe un formidabile strumento di prevenzione rispetto agli episodi delittuosi che le nostre cronache oramai riportano quasi giornalmente, si chiede di sapere come i Ministri in indirizzo, ciascuno per quanto di propria competenza, vogliano dare seguito a quanto richiesto, ribadendo l’urgenza e l’improcrastinabilità dell’attuazione della normativa, al fine di garantire l’ottimizzazione del flusso informativo fra aziende sanitarie locali e la banca dati del Ministero dell’interno e di limitare, al contempo, ipotetici usi distorti delle licenze di porto delle armi da parte di soggetti affetti da malattie mentali o disturbi psichici”.
Il commento di Armi e Tiro
La mancanza di comunicazione tra la pubblica sicurezza e le altre banche dati (in primis quella del servizio sanitario nazionale, ma non solo) è una carenza che anche noi, in tempi non sospetti, abbiamo più volte evidenziato. In particolare, il sistema informatizzato con l’anagrafe delle armi, previsto dal decreto legislativo 104 del 2018, rispetto all’attuale sistema Ced-Sdi avrebbe il pregio di dialogare con i rispettivi sistemi informatizzati degli altri Paesi dell’Unione europea, mentre lo scambio di informazioni tra il servizio sanitario nazionale e la pubblica sicurezza avrebbe l’indubbio pregio di fornire una sorveglianza “passiva” e costante sull’insorgenza di eventuali criticità in capo ai detentori di armi, molto più efficace ed efficiente rispetto alla famosa (meglio dire famigerata) visita psichiatrica annuale che talune associazioni propalano come panacea di tutti i mali da anni (e che, peraltro, i responsabili delle categorie professionali in questione confermano essere irrealizzabile). Il tutto, tra l’altro, a costo zero per il legale detentore di armi. Ci permettiamo di andare ancora oltre, evidenziando come sia incredibile e ingiustificabile che oggi, nel 2023, in caso di decesso di un anziano pensionato l’anagrafe provveda a informare in automatico e per via telematica l’istituto di previdenza, che provvede a sospendere l’erogazione della pensione, mentre analoga informazione sul decesso non venga inoltrata alla pubblica sicurezza nel caso dei legali detentori, con il risultato che l’autorità locale di Ps può essere informata del decesso del detentore con mesi, talvolta anni, di ritardo.
È chiaro che, così come nessuno mette in dubbio che a fronte dell’insorgenza di determinate problematiche, sia giusto mettere in campo le azioni tempestive volte a togliere le armi al legale detentore che non abbia più i requisiti, occorre naturalmente la massima chiarezza e tassatività sulla definizione delle circostanze che possano determinare il ritiro delle armi, così come a nostro avviso è opportuno anche prevedere quali, tra le criticità o le patologie che possono verificarsi, possano contemplare anche la restituzione delle armi stesse, al cessare della situazione critica, senza che il detentore debba perdere anni e migliaia di euro tra ricorsi al Tar, avvocati eccetera.
Per lunghi anni, il ministero dell’Interno ha perso tempo e risorse a baloccarsi sul numero di colpi nel caricatore, sul fatto che le armi “di aspetto militare” non fossero utilizzabili a caccia e sul numero di cartucce che sia consentito sparare al poligono a un collezionista, generando un ritardo cronico sulle cose che, invece, sarebbero realmente importanti per garantire la sicurezza della collettività.