Gli anti-armi di qua e di là dall’Oceano sono soliti ripetere che la motivazione dietro i mass shooting negli Stati Uniti è solo da ricercare nella facile disponibilità di armi da fuoco. È sicuramente ovvio che la disponibilità di un’arma da fuoco agevoli la commissione di atti indiscriminati come quelli (e contribuisca ad aggravarne il bilancio), ma è altrettanto ovvio che la motivazione scatenante di un atto di tale gravità sia da ricercarsi in fattori di tipo sociale. La conferma di ciò, indirettamente, arriva dalla Cina, Paese che di certo non può essere “accusato” di distribuire ai propri cittadini armi da fuoco con particolare liberalità (visto che il possesso di armi è quasi impossibile) ma che, a propria volta, sta purtroppo scoprendo il fenomeno degli omicidi di massa, in particolare (guarda caso) nelle scuole.
Il caso più recente si è verificato una settimana fa: un uomo è entrato in una scuola materna di Lianjiang, nella provincia di Guangdong, e ha accoltellato a morte sei persone, tra cui tre bambini, ferendone gravemente una settima.
Meno di un anno prima, sempre in una scuola materna, nella provincia di Jiangxi, un uomo aveva accoltellato a morte tre persone e ne aveva ferite altre sei. Nell’aprile 2021, nella città di Beiliu, nella regione autonoma del Guangxi Zhuang, sono stati uccisi due bambini e altri 16 sono rimasti feriti, sempre a colpi di coltello. Il bilancio dell’attacco a un asilo di Chongqing, nell’ottobre 2018, è stato invece di 14 bambini feriti.
Sempre nel 2018, un uomo è entrato in un’aula scolastica di una scuola della provincia dello Yunnan e ha iniziato a spruzzare sui bambini sostanze chimiche corrosive: 50 sono stati ricoverati in ospedale, alcuni di essi in gravi condizioni.
Prendere di mira le scuole, in questi casi, è il modo per portare un attacco di massima gravità, perché più alta è l’esecrazione per l’atto compiuto e massimo è il dolore da parte della società. Nello stesso tempo, è una azione che, proprio per l’eco che suscita nella società, garantisce la massima notorietà agli autori dell’atto. Secondo gli analisti, tra le motivazioni profonde che guidano questi folli assassini (o tentati assassini), quasi sempre uomini di giovane età, è il risentimento nei confronti della società nella quale vivono, ma di cui non si sentono parte: in particolare, la transizione economica e sociale che la Cina ha avviato negli ultimi due decenni (da Stato socialista con pianificazione centrale a economia di mercato iper-competitiva) ha determinato una forte spaccatura tra coloro i quali riescono a conquistare una posizione privilegiata (e agiata) e coloro i quali, invece, restano ai margini, con lavori a basso stipendio o addirittura disoccupati. Una condizione alla quale, nella società cinese, si accompagna la difficoltà o impossibilità di trovare una compagna e che è stata acuita dai problemi connessi al Covid, con relativo confinamento forzato, che ha comportato un tasso di disoccupazione giovanile vicino al 20 per cento.
Secondo gli analisti, gli attacchi portati nei confronti delle scuole in Cina sarebbero proprio da ricercarsi in una sorta di “vendetta sociale” intimamente connessa con le condizioni economiche e di inclusione in particolare dell’ultimo decennio. E, in effetti, è un dato di fatto che, prima di dieci anni addietro, questo fenomeno era del tutto sconosciuto nel Paese asiatico.