Il concetto di “finanza etica” e di “banche etiche” sta rendendo sempre più difficile investire in un settore come quello delle aziende armiere. C’è, però, il Vice fund…
Tra le parole d’ordine dei nostri tempi ce n’è forse una che, più delle altre, rappresenta l’ipocrisia del mondo nel quale viviamo: ed è il concetto di “banche etiche” o “finanza etica”, mondi nei quali, è ovvio, l’industria armiera non può entrare. E questo malgrado le armi non solo servano a difendersi dalle aggressioni di altri Paesi, ma anche alle operazioni di peacekeeping sotto l’egida dell’Onu, per non parlare delle necessità operative delle nostre forze dell’ordine.
Per chi rifiuta questa ipocrisia di fondo o, più in generale, ha un approccio pragmatico al mondo della finanza, è opportuno ricordare che esiste un fondo di investimento statunitense che rappresenta la vera e propria “criptonite” per la finanza etica: il Vice fund. Questo fondo, infatti, ha come scopo proprio quello di investire nelle aziende impegnate in attività legali (e diffuse…), ma stigmatizzate a livello etico: dal tabacco agli alcoolici, dal gioco d’azzardo alle tecnologie per la difesa. La ragion d’essere di questo fondo è che le aziende operanti nei rispettivi settori appena menzionate sono, normalmente, aziende storiche, quindi consolidate, e che la fruizione di questi beni e servizi ha una costanza nel tempo tale da assicurare rendimenti e dividendi più di altri settori della finanza.