La brutta avventura vissuta da una milanese, per fortuna a lieto fine, conferma un fatto fondamentale: ci sono circostanze nelle quali l'autodifesa è l'unica risorsa
Ha destato notevole scalpore la notizia diffusa ieri, ma risalente al 20 luglio, di una giovane lavoratrice che nella stazione metropolitana di porta Garibaldi è stata aggredita da un extracomunitario a scopo di violenza carnale, ma è riuscita a respingere il suo aggressore grazie allo spray antiaggressione. Una storia finita bene, per fortuna, che però non può non suscitare alcune riflessioni sulla legittima difesa, vista l’attualità del tema.
Il ritornello che molti politici, commentatori e in genere “anime belle” ripetono ossessivamente quando i cittadini chiedono di avere una normativa che possa meglio contribuire a tutelarli nel frangente di una difesa personale, è “dovete chiamare le forze dell’ordine, non farvi giustizia da voi”. Bene: sta di fatto che in quei corridoi della stazione, a quell’ora, nella metro di porta Garibaldi la polizia non c’era. Invece, lo stupratore sì. E una volta che le sue mani l’hanno afferrata, per la giovane non c’era certo il tempo di fare una telefonata: si trattava di lottare per la propria vita. Questo, intendiamoci, non è certamente una critica alle forze dell’ordine: è la semplice constatazione che, per quanto il presidio di pubblica sicurezza sia efficiente, gli operatori non possono trovarsi simultaneamente dappertutto.
Occorre ricordare che il percorso per consentire la diffusione degli spray antiaggressione come strumenti di autodifesa di libero porto è stato tutt’altro che agevole: nei primi anni, infatti, il ministero dell’Interno aveva adottato la soluzione di approvare tre singoli modelli di prodotto, escludendo solo ed esclusivamente per essi l’attitudine all’offesa alla persona e quindi la loro libera commerciabilità. Per tutti gli altri prodotti, la detenzione e il porto potevano fruttare accuse e condanne pesantissime, perché assimilati addirittura ai gas asfissianti di impiego bellico. Soltanto nel 2011, con l’approvazione del regolamento n. 103, sono state finalmente emanate le specifiche tecniche uniformi che gli strumenti di autodifesa al capsicum devono avere per essere considerati non idonei all’offesa alla persona (cioè incapaci di provocare lesioni, ma solo un senso di fastidio temporaneo). Un percorso che, alla fine, è durato anni, durante i quali per molte donne purtroppo questa possibilità di autodifesa è mancata nel momento cruciale. Questo per dire che una cosa che oggi passa per essere assolutamente scontata, come lo spray antiaggressione, in realtà è stata tutt'altro che scontata e tutt'altro che semplice e ha richiesto anni di diatribe e battaglie. Proprio come accade con la normativa sulla legittima difesa…