Per considerare antica un’arma da fuoco, è sufficiente che il modello sia anteriore al 1890 o deve esserlo anche la fabbricazione dello specifico esemplare? La commissione disse…
Anche chi abbia una conoscenza piuttosto superficiale del mondo delle armi da fuoco sa che in Italia esiste una vera e propria data spartiacque tra le armi antiche e quelle moderne: si tratta dell’anno 1890. Le armi prodotte prima del 1890 sono considerate antiche, con una ben precisa disciplina giuridica, quelle prodotte dopo il 1890 sono moderne (quindi comuni da sparo, da caccia, sportive oppure da guerra). Chiaro, no? Semplice. Il problema, però, è che esistono numerose tipologie di armi (pensiamo in particolare a quelle ex ordinanza) che sono state progettate prima del 1890, la cui produzione è iniziata prima del 1890 ma è proseguita anche negli anni immediatamente successivi. In pratica, la domanda da porsi è: un’arma di modello anteriore al 1890, prodotta però (ipotesi) nel 1892 o 1895 o 1900, è antica? Oppure no?
La definizione di arma antica è contenuta nell’articolo 10 della legge 110/75, che definisce antiche “quelle ad avancarica e quelle fabbricate anteriormente al 1890”.
Sembrerebbe con ciò doversi concludere direttamente che un’arma di modello anteriore al 1890, ma prodotta dopo il 1890, non possa dirsi antica, bensì vada ad annoverarsi tra le armi comuni da sparo. Il che è un assurdo giuridico, considerando tra l’altro che, al di là di alcune armi ex militari, per la stragrande maggioranza delle armi prodotte a cavallo del 1890, che non riportino “in chiaro” la data di costruzione impressa sulla canna o sul telaio, risulta anche obiettivamente impossibile stabilire se siano state prodotte un mese prima o un mese dopo il fatidico spartiacque. Ecco perché la commissione consultiva centrale per il controllo delle armi, nella seduta del 3 ottobre 1981, ritenne opportuno fornire una interpretazione del testo normativo, determinando che un’arma concepita anteriormente al 1890, seppur prodotta nel periodo successivo a tale data, utilizzando però i medesimi materiali, le medesime tecniche e i medesimi macchinari, debba considerarsi analogamente antica. È opportuno ricordare a tal fine che la Commissione consultiva centrale per il controllo delle armi, fino alla sua abrogazione nel 2011, oltre a decidere sulle istanze di catalogazione delle armi da fuoco aveva, secondo quanto stabilito dall’articolo 6 della legge 110/75, competenza “su tutte le questioni di carattere generale e normativo relative alle armi e alle misure di sicurezza per quanto concerne la fabbricazione, la riparazione, il deposito, la custodia, il commercio, l’importazione, l’esportazione, la detenzione, la raccolta, la collezione, il traporto e l’uso delle armi”. Il che significa che una decisione in materia, presa dalla Commissione, può considerarsi come una interpretazione autentica della norma.
Per molti anni, l’interpretazione fornita dalla Commissione è stata osservata in modo pacifico da tutti gli operatori del settore. Purtroppo, con il trascorrere del tempo e l’avvicendarsi dei dirigenti ministeriali, a un certo punto evidentemente si è perso il ricordo di quanto fu a suo tempo stabilito, e alcuni funzionari ministeriali, negli anni immediatamente precedenti l’abrogazione del Catalogo nazionale, suggerirono (se così si può dire) caldamente alle aziende operanti nel settore di richiedere la catalogazione di tutte quelle armi di modello anteriore al 1890, ma di produzione successiva, per le quali intendessero richiedere l’importazione dall’estero. E così è avvenuto. Il risultato di questa condotta, che può senza ombra di dubbio definirsi illegittima, è che in alcune questure si è formata una sorta di “memoria storica” tale per cui ancora oggi, che il catalogo nazionale non esiste più, si continua a richiedere la classificazione per armi di modello anteriore al 1890, ma di produzione successiva, di cui un’azienda o un privato richieda l’importazione dall’estero. E capita, di conseguenza, che di tali armi venga disposta la trasmissione al banco di prova, nonostante magari presentino già i punzoni di un banco riconosciuto. Questo perché nei differenti Paesi dell’Unione europea, la data in base alla quale un’arma diventa antica o moderna non è necessariamente la stessa dell’Italia: tanto per fare un esempio, per la Germania la data “spartiacque” è il 1871.
Al di là delle “leggende metropolitane” maturate in alcune questure, purtroppo grazie anche a iniziative illegittime a suo tempo portate avanti da alcuni funzionari ministeriali, sta di fatto che la decisione a suo tempo determinata dalla Commissione consultiva centrale per il controllo delle armi è a tutt’oggi produttiva di effetti giuridici e, quindi, ancora oggi come un tempo un’arma prodotta dopo il 1890, ma di modello anteriore al 1890, fabbricata dalle medesime aziende o arsenali con le medesime caratteristiche costruttive, è a tutti gli effetti giuridici un’arma antica.
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