È tornato alla ribalta in questi giorni un vecchio ritornello, che rimanda ad alcuni anni or sono e che, ormai, comincia anche un po’ ad avere un sapore stantio. Un cittadino ha infatti presentato una petizione alla IX commissione permanente del Senato (Industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare), chiedendo “l’obbligo di assicurazione obbligatoria per danni a terzi a carico dei possessori di porto d’armi non appartenenti alle Forze dell’ordine”.
Per chi avesse un senso di deja vu, ricordiamo che un provvedimento analogo era contenuto nel famoso, ma forse sarebbe meglio dire famigerato, disegno di legge a suo tempo presentato dalle senatrici Pd Amati e Granaiola. Nel quale ddl, addirittura, si contemplava che nella polizza di assicurazione dovessero essere contemplare anche le singole matricole delle armi detenute. Lo scopo “ufficiale” del ddl era quello di tutelare, se non altro sotto il profilo del risarcimento civile, le vittime dei casi nei quali un legale detentore di armi avesse fatto un uso criminale delle armi stesse, in primis con i cosiddetti femminicidi. Lo scopo “ufficioso” del ddl era quello di introdurre ulteriori oneri finanziari e adempimenti nei confronti dei legali detentori di armi, scoraggiando così il possesso.
La domanda che, a questo punto, la petizione in questione suscita è quindi sempre la stessa: una assicurazione obbligatoria legata al possesso di armi in quanto tale, serve a qualcosa? La risposta è, in effetti, “no”.
Partiamo dal principio: per quanto riguarda i cacciatori, c’è già la legge 157/92 che prevede l’obbligo di stipula di una assicurazione per la responsabilità civile nel caso in cui si verifichino incidenti durante la caccia. Per quanto riguarda i tiratori, sia le sezioni del Tiro a segno nazionale, sia i poligoni privati prevedono una copertura assicurativa per i soci, per gli incidenti che dovessero occorrere durante l’attività di tiro sportivo (amatoriale o agonistica che dir si voglia).
Cosa rimane, quindi, fuori da queste previsioni? Proprio gli atti criminali dolosi commessi con le armi da fuoco che, per fortuna, occorre ribadirlo, hanno una incidenza infinitesimale rispetto al numero di legali detentori di armi in Italia. Al di là del fatto che i crimini con armi legalmente detenute siano tanti o pochi, comunque, c’è un problema fondamentale, ed è rappresentato dal fatto che nessuna compagnia di assicurazione accetterebbe di risarcire un danno commesso con dolo dall’assicurato o dal beneficiario. Questo non siamo noi a dirlo, né tantomeno le compagnie di assicurazione, bensì l’articolo 1900 del codice civile, il quale dice che “L’assicuratore non è obbligato per i sinistri cagionati da dolo o da colpa grave del contraente, dell’assicurato o del beneficiario, salvo patto contrario per i casi di colpa grave”.
Questo perché alla base del concetto stesso di “sinistro” coperto dal contratto di assicurazione, è il verificarsi di un fatto che deve necessariamente essere “futuro e incerto” e, ovviamente, un fatto doloso, quindi cagionato da una volontà intenzionale, non può essere “incerto” per antonomasia.
Se, quindi, la motivazione sottesa alla volontà di obbligare i legali detentori di armi a stipulare una assicurazione per il fatto stesso di essere detentori di armi, è quella di consentire un risarcimento economico ai parenti delle vittime nel caso di ferimenti od omicidi volontari, è opportuno ribadire ancora una volta, urbi et orbi, che un obbligo siffatto non serve assolutamente a niente.