Il fondatore si chiama Maj Toure e propugna l’incremento della percentuale di afroamericani detentori di armi e con un corretto addestramento al maneggio in sicurezza
Ha acquisito notorietà insieme al movimento Black lives matter ma, in realtà, il movimento Black guns matter, fondato e sostenuto da Maj Toure, è stato fondato quattro anni fa, nel 2016. È un movimento che propugna una maggiore diffusione delle armi legali tra gli afroamericani, congiuntamente alle corrette metodologie per un maneggio sicuro e responsabile. “Credo che più neri sarebbero vivi se fossero armati”, ha dichiarato Toure a Business insider weekly, aggiungendo che “quando sento “uomo nero disarmato” sono triste, perché non dovrebbe più sussistere una situazione del genere”.
L’attività di Toure ha avuto un’accelerazione con l’esplosione delle proteste in seguito all’uccisione da parte di un poliziotto dell’afroamericano George Floyd: Toure però non si è unito ai manifestanti a Minneapolis, bensì a pochi isolati di distanza ha cominciato a insegnare alla folla i fondamenti dell’autodifesa e del maneggio in sicurezza delle armi, gratuitamente.
L’idea ha senza dubbio un grande pregio, cioè quello di essere potenzialmente in grado di suscitare uno di quei classici “corto circuiti” nella logica dei benpensanti che, in queste settimane, stigmatizzano la cultura razzista dei bianchi statunitensi nei confronti degli afroamericani ma, di norma, sono anche tenacemente contro la diffusione delle armi nel Paese. Esattamente l’opposto di quanto pensa Toure, secondo il quale un aumento delle armi legalmente detenute e della consapevolezza sul corretto maneggio da parte della popolazione (afroamericana, ma non solo), contribuirebbe a diminuire la violenza nelle grandi città, anziché aumentarla.
È un fatto incontrovertibile che una delle principali differenze tra bianchi e neri ai tempi del segregazionismo era proprio l’impossibilità da parte degli afroamericani di acquistare armi, con le quali difendersi dai “raid” dei gruppi di razzisti (nell’indifferenza delle forze dell’ordine, tra l’altro). Un altro fatto certo è che, anche dopo la fine del segregazionismo negli Stati americani, la percentuale di cittadini afroamericani legali possessori di armi è sempre stata largamente inferiore rispetto a quella dei bianchi: secondo una recente stima, i cittadini afroamericani possessori di armi sono circa il 25 per cento negli Stati Uniti, contro circa il 36 per cento dei bianchi. Gli afroamericani sono, però, secondo le stime ufficiali tra il 12 e il 14 per cento della popolazione totale statunitense, quindi la sproporzione risulta evidente. La sperequazione potrebbe, tuttavia, ridursi proprio in questi mesi, se è vero quanto dichiarato dalla National african american gun association secondo la quale dall’inizio del 2020 hanno aderito ben 15 mila nuovi soci.
Gli sviluppi della “fusione” tra l’attivismo Black lives matter e Black guns matter potrebbero portare a situazioni decisamente insolite e interessanti: cosa accadrà, infatti, nel momento in cui negli Stati Uniti le associazioni e i politici che propugnano il disarmismo dovessero essere tacciati di essere “razzisti”?