Durante l’esame del disegno di legge portato in parlamento dall’onorevole Michela Vittoria Brambilla di Noi Moderati, il presidente della Commissione giustizia della Camera, Ciro Maschio di Fratelli d’Italia, ha dichiarato l’inammissibilità dell’emendamento 14.01 proposto dall’ex ministro Sergio Costa del Movimento 5 Stelle, che proponeva uno dei cavalli di battaglia di ambedue i movimenti: il divieto di importazione, esportazione e reimportazione dei trofei di caccia di specie a rischio di estinzione. Le pene proposte consistevano nell’arresto da uno a tre anni e in una ammenda da trentamila a duecentomila euro. Oppure, nel caso di applicabilità solo di sanzioni pecuniarie, queste sarebbero andate da seimila a ventimila euro. Naturalmente Humane society international ha molto contestato tale rifiuto, preannunciando di ripresentare l’emendamento sotto altre forme. Nei giorni passati una rappresentante dell’associazione ha riportato tale convinta idea anche nella trasmissione Geo, su Rai 3, come al solito senza alcun contraddittorio.
La proposta portata da questa associazione, occorre ribadirlo, è mirata ad attaccare l’attività venatoria all’estero, senza alcun collegamento diretto con la tutela delle specie in via di estinzione. Nel corso della trasmissione è stato affermato, tra le altre cose, che “Gli animali da vivi in Africa procurano più introiti… i soldi che si spendono per la caccia di questi animali, tipo elefanti, leoni eccetera, non vanno alle comunità locali ma solo ai privati… procurano l’estinzione delle specie protette… ci sono cacciatori che addirittura cacciano i leoni allevati e liberati nei recinti eccetera”. Ribadiamo che proprio perché si cercano trofei importanti si cacciano solo animali vecchi, ormai alla fine del loro ciclo di vita. Che andrebbero persi e non procurerebbero alcun beneficio alle comunità locali, se morti per cause naturali. Solo la caccia fa lavorare tante persone anche lontanissimo dagli hotel e la cifra che procura agli Stati la caccia legale è molto più alta dei soggiorni nei villaggi turistici da parte dei “fotografi”. I quali oltretutto, essendo migliaia, sono molto impattanti, al contrario del numero dei cacciatori. Va inoltre sottolineato che nessuna specie sottoposta a tutela integrale è cacciabile legalmente in Africa. Mentre invece è impunemente bracconata, proprio dove i territori non sono controllati dalle compagnie di safari. I soldi, è vero, vanno in parte agli organizzatori dei safari, oggi peraltro sempre più persone locali, e di conseguenza agli Stati, per le concessioni. Ma per legge tornano anche alle comunità del posto, sotto forma di servizi, scuole e sanità. Mentre quelli dei resort turistici spesso vanno solo alle multinazionali estere che li possiedono.