Si torna, purtroppo, a parlare ancora una volta di questure “creative” dal punto di vista della normativa in materia di armi e munizioni. Creative e, in qualche caso, anche recidive. In questo caso (e non è la prima volta) parliamo nello specifico di quelle questure che vorrebbero limitare a 200 il numero massimo di cartucce detenibili per fucile da caccia (a fronte di un limite stabilito dall’articolo 97 del regolamento di esecuzione al Tulps di 1.500), con la motivazione che “esistono anche armi corte camerate in quel calibro”. Si fa riferimento, in tal caso, a particolari pistole monocolpo che in alcuni Paesi vengono utilizzate per la caccia oppure per il tiro alla Silhouette o per il tiro a lunga distanza con la pistola, come la Thompson center Contender, la Tanfoglio Raptor, la Pachmayr Dominator e qualche altro modello. Con ciò, quindi, pretenderebbero di trasformare automaticamente una qualsiasi cartuccia per arma lunga in cartuccia per “pistola o rivoltella” (sempre riferendosi all’art. 97 del regolamento al Tulps).
Tutto ciò parte, in realtà, da lontano e più precisamente dall’articolo 6 del decreto legislativo 204 del 2010, il quale ha stabilito che “Per i fucili da caccia in grado di camerare le cartucce per pistola o rivoltella, si applica il limite detentivo di 200 cartucce cariche, di cui all’articolo 97 del regolamento di esecuzione al testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, e successive modificazioni”. Questo perché il ministero dell’Interno intendeva, con ciò, contrastare la pratica al tempo adottata da alcuni appassionati, i quali acquistavano (per ipotesi) una carabina in 9×21 allo scopo di poter denunciare fino a 1.700 cartucce in 9×21 (200 per pistola e 1.500 “per fucile da caccia”) da utilizzare nelle proprie pistole in quel calibro. Il tutto perché, come è ovvio, la stragrande maggioranza dei calibri per pistola soddisfa ANCHE i requisiti dimensionali previsti dall’articolo 13 della legge 157/92 per essere considerata cartuccia “per fucile da caccia”.
Ora, appare abbastanza evidente (a chi non sia in malafede, ovvio) che la ratio del provvedimento fosse molto specifica e circoscritta. Altrettanto dovrebbe essere chiaro, perché insito nel comma stesso del provvedimento, che a rendere “per pistola o rivoltella” una cartuccia (meglio, un calibro) non è il fatto che non esistano armi lunghe in quel calibro (giacché sarebbe una contraddizione in termini), né che lo specifico appassionato effettivamente detenga una carabina camerata per quel calibro, bensì che siano state concepite per l’impiego in pistola o rivoltella e non in arma lunga. Potrebbe essere già sufficiente il comune buon senso per capire quali siano i calibri specificamente coinvolti in questo provvedimento, cioè 9×21, .40 S&W, .45 acp, .357 e .44 magnum, eventualmente il 7,65 Browning e forse una manciata di altri. In ogni caso, per le eventualità “limite”, esiste un ausilio specifico, che è la classificazione dei calibri operata dalla Cip (Commissione internazionale permanente per la prova delle armi da fuoco portatili), la quale ha un database completo di tutti i calibri omologati per la produzione e la vendita nei Paesi aderenti (come l’Italia) e li suddivide, per l’appunto, in calibri per arma lunga a canna rigata (raggruppati a seconda che abbiano fondello rimmed, rimless o cinturato magnum), a canna liscia e calibri per pistola e revolver.
Appare abbastanza evidente (ripetiamo: per chi non sia in malafede) che la qualificazione di un calibro “per arma corta” o “per arma lunga” non deriva dal fatto che esista almeno un esemplare di arma corta o lunga per esso camerato (giacché il risultato sarebbe assurdo, per TUTTI i calibri per arma corta esistono armi lunghe e per la maggior parte dei calibri per arma lunga esiste almeno un modello di arma corta), bensì dal fatto che tecnicamente, storicamente e originariamente un determinato calibro sia stato sviluppato per l’impiego in armi corte e lunghe. La distinzione è già stata, peraltro, svolta dagli organismi preposti, quindi ci si può informare, alla bisogna, con tempestività e chiarezza.
Cosa fare, al solito, quando ci si trova davanti il classico funzionario che è certissimo (come sempre…) che la sua interpretazione, guarda caso restrittiva, sia l’unica corretta e soprattutto l’unica possibile? Innanzi tutto, chiedendo che qualsiasi variazione che il funzionario voglia imporre rispetto alla denuncia presentata (per esempio obbligando a indicare le cartucce in .308 Winchester tra le 200 per pistola) venga esplicitata per iscritto, con la firma leggibile del funzionario e gli opportuni riferimenti normativi, nonché con il termine entro il quale si chiede che il cittadino si adegui.
Si raccomanda di NON effettuare alcuna variazione in denuncia sulla base di indicazioni verbali, perché le medesime, per quanto riguarda la specifica questione, sono ILLEGITTIME e possono anche integrare fattispecie di tipo penale (abuso in atti d’ufficio). Per questo motivo, vi preghiamo di segnalarci in modo circostanziato tutte le situazioni di questo tipo e siamo disponibili a fornirvi i recapiti dei nostri consulenti legali, per le opportune azioni che si rendano necessarie. Perché a tutto c’è un limite. Persino al ridicolo.