Con sentenza n. 2.066 del 24 maggio, il tribunale di Verona, in composizione monocratica, si è occupato di un interessante aspetto della custodia armi, che sovente ricorre nelle domande degli appassionati: stiamo parlando dell’eventualità nella quale due differenti soggetti (per esempio marito e moglie, padre e figlio e così via) detengano promiscuamente le armi di proprietà di ciascuno dei due, nel medesimo luogo, con possibilità di accesso da parte di entrambi.
Nel caso di cui si è occupato il tribunale, a tenere le armi nello stesso appartamento erano padre e figlio, quest’ultimo dimorante nell’appartamento al piano inferiore, mentre gli armadi blindati si trovavano nell’abitazione del padre, al piano superiore. Il padre, in preda a un episodio depressivo, a un certo punto ha cercato di togliersi la vita, proprio con una delle armi di proprietà del figlio, il quale è stato conseguentemente accusato di omessa custodia.
Il tribunale ha tuttavia assolto l’imputato “perché il fatto non sussiste”, con la seguente motivazione: “ai fini dell’integrazione del reato di omessa custodia di armi, previsto dall’art. 20 bis, comma 2, della legge 18 aprile 1975, n. 110, è necessario che l’agente possa rappresentarsi, in relazione a circostanze specifiche, l’esistenza di una concreta situazione di fatto tale da richiedere l’adozione di cautele volte ad impedire che uno dei soggetti contemplati dalla predetta disposizione – minori incapaci, persone inesperte o tossicodipendenti – riescano ad impossessarsi delle armi (cfr. Cass., Sez. 1, sentenza n. 20192 del 27/4/2018 Ud. (dep. 08/5/2018), Rv 273130-01).
Ed infatti, le due contravvenzioni previste dagli art. 20, comma primo e 20 bis, comma secondo, della legge n. 110 del 1975, entrambe funzionali a prevenire la commisione di più gravi reati contro la sicurezza pubblica, sono in rapporto di specialità tra loro, la prima ponendo il dovere generalizzato di diligenza a tutti i possessori delle armi di impedire a chiunque di impossessarsene, la seconda, invece, imponendo l’obbligo di evitare che possano con esse venire in contatto una categoria di persone (in particolare minori, soggetti incapaci, inesperti o tossicodipendenti), per le quali il maneggio delle armi medesime è di per sé considerato maggiormente pericoloso.
Ebbene, nel caso di specie è emerso pacificamente dall’istruttoria dibattimentale che l’odierno imputato, non aveva alcun elemento per poter ritenere che il padre potesse compiere gesti autolesivi. Il medico di base, sentito quale teste del P.M., ha infatti riferito che il suo paziente era particolarmente agitato per un problema che aveva alle gambe e per la situazione familiare relativa ad una cognata con problemi psichiatrici. Benché gli avesse prescritto dei farmaci antidepressivi e gli avesse consigliato di rivolgersi ad una psicologa, ha affermato che non via era alcun indice sintomatico che potesse far pensare alla volontà di compiere gesti autolesivi. Peraltro, la madre dell’imputato ha riferito che il figlio, anche in ragione delle assenze prolungate da casa, non era a conoscenza nemmeno di tale stato di agitazione del padre. Ciò posto, in ogni caso, non è emerso alcun elemento per ritenere che l’imputato abbia omesso di custodire le armi con la dovuta diligenza.
In particolare, alla conservazione delle stesse erano adibiti due armadi blindati posti presso l’abitazione dei genitori in considerazione del fatto che il prevenuto trascorreva per lavoro e per esigenze personali lunghi periodi fuori. Peraltro, l’abitazione dei genitori, posta al primo piano, era munita di allarmi e vi era sempre presente qualcuno a differenza di quella del prevenuto, posta al piano terra. Alla luce di quanto appena esposto, è evidente che non è emersa alcuna prova circa la sussistenza dei fatti contestati all’odierno imputato, il quale ha usato la necessaria diligenza nella conservazione delle armi e, in ogni caso, non era nelle condizioni di prevedere il gesto anticonservativo posto in essere dal padre”.
In conseguenza dell’assoluzione dell’imputato, il tribunale ha anche disposto il dissequestro delle armi e la loro restituzione al proprietario.
Si ringrazia l’avvocato Bruno Gazzola