Da una prima lettura del decreto approvato venerdì scorso appare in tutta chiarezza che c'è stato qualche stravolgimento dei pareri espressi nelle commissioni, in riferimento in particolare alla formulazione dell'articolo 6. Le nostre fonti riferiscono di consultazioni con l'ufficio legale del ministero dell'Interno per correggere, ove possibili, tali stravolgimenti. Nel parere della prima commissione della camera si riportava: "sia chiarita, nel medesimo articolo 6, la salvezza delle posizioni già acquisite sulla base della normativa vigente, in modo tale da garantirne la legittimità sotto il profilo della detenzione di armi, nonché della produzione, dell'importazione, della detenzione, dell'acquisto e della cessione delle armi dei modelli iscritti nel catalogo nazionale delle armi comuni da sparo di cui all'abrogato articolo 7 della legge 18 aprile 1975, n.110, a prescindere dalle modifiche normative successive". Dello stesso tenore anche il parere della prima commissione del senato: "l’introduzione, nel medesimo articolo 6, di una disposizione che – al fine di salvaguardare posizioni già acquisite – garantisca il permanere della legittimità della detenzione di armi, a prescindere dalle modifiche normative successive, da applicarsi solo per il futuro, consentendo sempre e comunque la produzione, l'importazione, la detenzione, l'acquisto e la cessione delle armi dei modelli iscritti nel catalogo nazionale delle armi comuni da sparo di cui all'abrogato articolo 7 della legge 18 aprile 1975, n. 110". La lettera b) del punto 2 dell'articolo 6 del decreto approvato, perciò, dovrebbe intendersi come punto 3, svincolandolo quindi dal termine dei 18 mesi. E dovrebbero essere salvaguardati anche i diritti acquisiti da produttori e importatori.
Val la pena ricordare che l'articolo 1 comma 8 della legge 7 luglio 2009, n. 88 (legge di delega) dispone che "il Governo, quando non intende conformarsi ai pareri parlamentari di cui al comma 3, relativi a sanzioni penali contenute negli schemi di decreti legislativi recanti attuazione delle direttive comprese negli elenchi di cui agli allegati A e B, ritrasmette con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni i testi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica. Decorsi venti giorni dalla data di ritrasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza di nuovo parere". Il mancato conformarsi ai pareri parlamentari, in relazione a condizioni per la favorevolezza dei medesimi, pertanto, senza che si sia proceduto all'attivazione della procedura di cui al comma 8, genera una violazione della norma procedurale che può tradursi nell'illegittimità dell'intero provvedimento.