Un altro caso che sarebbe da scompisciarsi dalle risate, se non avesse avuto risvolti preoccupanti per i due malcapitati: nel 2006, nel piccolo borgo di Ruvo del monte, in provincia di Potenza, due fratelli gemelli (entrambi affetti da ritardo mentale) subiscono una perquisizione da parte dei carabinieri, che sequestrano in casa loro una pistola. Antica, ma pistola. Scatta l’immediata denuncia per detenzione illegale di arma, con relativo sequestro. Dopo "appena" sei anni, alla fine il tutto si conclude con un non luogo a procedere da parte del giudice: una scappatoia trovata da un principe del foro assoldato dai due? No, peggio: quando alla fine si sono decisi a chiamare un perito per esaminare il reperto, si è scoperto che si trattava… di una pistola giocattolo. Racconta l’avvocato dei due malcapitati: "All’apertura della busta contenente la presunta arma idonea a offendere, presenti io, il giudice e il perito tutto si è risolto in una risata. Non c’è stato nemmeno bisogno di una analisi approfondita: una colata unica, un simulacro da bancarella".
Due sarebbero le domande, a questo punto: come fa un operatore delle forze dell’ordine a commettere un errore così grossolano senza pagare il minimo scotto? E soprattutto, anche ammettendo la buona fede, come fanno a volerci sei anni per capire che un’arma giocattolo è appunto un giocattolo? Gente, questa è l’Italia…