Il Corriere della sera si è occupato, in un recente articolo, di armi da fuoco, con la collaborazione di Giorgio Beretta, portavoce dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza e difesa di Brescia. Il tema dell’articolo era relativo alla scarsa trasparenza del ministero dell’Interno, in relazione alla disponibilità di dati aggiornati sul numero di armi legittimamente detenute dai cittadini italiani per caccia, tiro e difesa personale. Si stima, infatti, che siano tra i sette e i dieci milioni, mentre i detentori di armi sarebbero 4 milioni. L’unico dato aggiornato disponibile è quello relativo alle licenze di porto d’armi in corso di validità, che ammontano a poco più di un milione. Ma l’aspetto più sconcertante si trova in fondo all’articolo: alla domanda, infatti, del giornalista se “sul versante della circolazione di armi pericolose” siano stati fatti passi avanti, Beretta risponde: “Quando si maneggia un’arma il rischio c’è sempre. E dunque limitare, come ha fatto il recente decreto antiterrorismo, le armi di categoria B7, cioè i fucili semiautomatici, è stato sicuramente un bene per i cittadini. Questo tipo di armi poteva addirittura essere usato per la caccia con la possibilità di detenzione in numero illimitato, lasciando così la strada aperta alla formazione di piccoli gruppi armati”.
Si tratta di dichiarazioni a dir poco gravissime, emblematiche di quanto il soggetto intervistato non abbia la più pallida idea della materia di cui si sta occupando. Sul fatto che le B7 potessero “addirittura” essere usate per la caccia non si vede quale sia lo scandalo, visto che hanno nella stragrande maggioranza dei casi il calibro in comune con le altre normalissime armi destinate all’attività venatoria e la legge quadro sulla caccia impedisce, comunque, di praticare la caccia con caricatori di capacità superiore a 2 colpi (5 per il cinghiale). Quindi, al di là dell’aspetto “cattivo”, non si comprende quale differenza vi sia dal punto di vista pratico tra cacciare con una B7 o con una B4. La detenzione in numero illimitato per le B7 è (era) comunque irrilevante ai fini dell’ordine e della sicurezza pubblica, dal momento che detenzione “illimitata” non significa “anonima”: ogni arma doveva (e tuttora deve) essere denunciata all’autorità di ps. Per quanto riguarda, infine, l’ipotesi che la detenzione di armi B7 in numero “illimitato” potesse servire per formare “piccoli gruppi armati” con eventuali finalità eversive o criminali, la cronaca smentisce categoricamente quanto affermato: l’ultimo, e per molti versi unico, caso in cui un’arma assimilabile alle B7, legalmente detenuta, è stata usata per fini criminali risale ai tempi dei delitti della “Uno bianca”. Adesso, per le rapine ai portavalori e ogni altra necessità, ci si rivolge comodamente al mercato clandestino degli Ak 47….
La bugia ministeriale, quindi è destinata a perpetuarsi e passare di bocca in bocca fino a trasformarsi in verità. Attenzione, però, che per i cittadini i problemi della sicurezza e delle armi sono ben diversi e il tempo, purtroppo, lo evidenzierà.