Il debutto in commercio (in California) della iP1 di Armatix fa riesplodere negli Usa il dibattito sulle cosiddette "armi intelligenti". Armatix è un produttore tedesco che, da molti anni, lavora su soluzioni tecnologicamente avanzate per la sicurezza delle armi: da una serie di chiavistelli da inserire nella canna delle armi per impedire l'uso ai non autorizzati, alla iP1 appunto (sopra), vera e propria "smart gun" calibro .22 lr, che può essere fatta sparare solo dal proprietario, in possesso di uno speciale orologio che comunica un codice di sicurezza all'arma mediante tecnologia Rfid (Radio frequency identification), consentendo lo sparo. Ovviamente, i favorevoli alle restrizioni in materia di armi trionfano, salutando la P1 come la panacea di tutti i problemi connessi alle armi; dal canto loro, la Nra e in generale i difensori del secondo emendamento hanno sollevato più di una perplessità, sia sull'affidabilità del sistema nel tempo (con il rischio di trovarsi con l'orologio che "non comunica" all'arma proprio quando si deve difendersi da un'aggressione), sia sui costi (1.400 dollari per la pistola, altri 400 per l'orologio), sia anche sull'approccio che alcuni Stati stanno mostrando nei confronti di tecnologie come queste: proprio la California, infatti, ha deciso di rendere obbligatoria l'applicazione della tecnologia del microstamping sulle armi di nuova commercializzazione, malgrado al momento non esita un sistema affidabile e applicabile industrialmente. Il dubbio, insomma, è che puntare sulla tecnologia sia un'altra faccia (l'ennesima) del proibizionismo armiero. Tornando alla tecnologia Rfid, non è un caso che uno dei produttori "interni" al mondo delle armi, cioé Hornady, per la sua cassaforte ad apertura rapida per pistole, Rapid safe (sotto), oltre al sistema badge-braccialetto-portachiavi con tecnologia Rfid per l'apertura, abbia anche previsto una tradizionale serratura con chiave di back-up.