Ha suscitato notevole impatto mediatico la notizia che la Presidenza della Repubblica abbia messo all’asta una certa quantità di cinghiali vivi catturati nella tenuta presidenziale di Castel Porziano, nell’agro romano. In particolare, come è ovvio, ciò ha destato scandalo tra le associazioni animaliste. L’Ufficio scientifico della tenuta ha cercato di fare chiarezza e altrettanto vorremmo fare noi, innanzitutto abbassando i toni sul fatto che lo Stato, proprietario secondo la legge della fauna in generale e in particolar modo di quella della tenuta presidenziale, abbia messo un proprio bene in vendita. Tutto ciò che il nostro Stato possiede, se deve essere per qualsiasi motivo ceduto, deve essere pubblicamente proposto con meccanismi trasparenti e tendenti a mettere tutti i pretendenti sullo stesso piano. Ovvero, un’asta regolare con tanto di offerte e assegnazione del bene rispettando la legge e le disposizioni in materia. A chi si indigna vorremmo chiedere: cosa avrebbe dovuto fare lo Stato? Fare un giro di telefonate agli amici degli amici e dire loro di venirsene a caricare una decina ciascuno, magari di nascosto?
Ma veniamo al fatto in sé: per chi non lo sapesse, la tenuta presidenziale di Castel Porziano copre una superficie totale di circa 6.000 ettari. Tranne per poche unità abitative o di gestione, poste principalmente nei dintorni del castello, tutto il resto è macchia prevalentemente mediterranea con alberi anche di alto fusto. Da quando fu creata è sempre stata una tenuta adibita alla caccia, assieme a tante altre in Italia, e gestita appunto con tale indirizzo per scopi di rappresentanza dello Stato. Da quando vi fu proibita la caccia all’epoca del presidente Leone, la tenuta continua naturalmente a produrre una quantità di fauna enorme. Tra cui, negli ultimi 20 anni, anche cervi e caprioli, questi ultimi della specie italica, sopravvissuta indenne solo tra i confini della tenuta. Sì, perché la particolarità della tenuta stessa è che è completamente chiusa, ovvero recintata. Per cui l’eccesso di fauna di qualunque specie non può uscire e irradiarsi naturalmente in zone limitrofe. Essendo poi ormai quasi completamente circondata dalla città che avanza inesorabilmente. Per cui, in tutto ciò che è chiuso come una enorme gabbia, più di tanti animali non possono coesistere: o meglio, possono farlo ma le specie più prolifiche, o più invasive, prevarranno a spese di altre più deboli, ecologicamente parlando, che si estinguerebbero. Vedi i cervi e i cinghiali nei confronti del capriolo. I signori animalisti, continuando a umanizzare sempre tutto ciò che cammina a quattro zampe, dimenticano che in presenza di un esubero di una specie, c’è un forte rischio di distruzione irreversibile di intere altre specie, non solo animali ma anche vegetali: infatti una eccessiva pressione sul territorio da parte degli erbivori, per esempio, può danneggiare irreparabilmente la copertura arborea. Nessun territorio può essere lasciato a se stesso ma, in particolare, questo specifico ecosistema che risulta isolato e in delicatissimo equilibrio. Quindi bene fa la Tenuta, anche se con notevole fatica, a cercare di sfoltire certe specie in eccesso. Non è commentabile l’ipotesi di sterilizzazione che gli animalisti continuano a proclamare, ma ci chiediamo anche: come mai, da tutti gli anni in cui la pratica della vendita viene effettuata da tutte le zone di Roma Natura sui cinghiali catturati, spesso anche con risonanza mediatica in televisione con tanto di direttore che enuncia la “trasformazione” (in salami e prosciutti) dei cinghiali, solo per quelli di Castel Porziano si grida allo scandalo?