Fino a pochi anni or sono, era semplicemente fantascienza anche solo pensarlo. Oggi, invece, il reinserimento nei ruoli dell’esercito, anche in prima linea, può diventare realtà, almeno per il 17 per cento dei 700 mutilati americani reduci da Afghanistan e Iraq. Merito delle nuove protesi computerizzate e delle nuove norme dell’esercito per il recupero degli amputati. La magia è data da sofisticati microchip e sensori che collegano l’arto artificiale alle terminazi…
Fino a pochi anni or sono, era semplicemente fantascienza anche solo pensarlo.
Oggi, invece, il reinserimento nei ruoli dell’esercito, anche in prima linea,
può diventare realtà, almeno per il 17 per cento dei 700 mutilati americani
reduci da Afghanistan e Iraq. Merito delle nuove protesi computerizzate e delle
nuove norme dell’esercito per il recupero degli amputati. La magia è data da
sofisticati microchip e sensori che collegano l’arto artificiale alle
terminazioni nervose. “Il sensore”, spiega il producer Stuart Hughes,
“riconosce una pianura, una salita o una scala in discesa e quando il
microprocessore segnala un cambiamento nel terreno il meccanismo elettronico
collegato alla protesi modifica l’angolo del piede e lo prepara a un nuovo
passo”. Ma senza una adeguata riabilitazione, anche queste protesi (del valore
di 90 mila euro l’una) possono poco: per questo, sono stati costituiti i
cosiddetti “centri per gli intrepidi”, che consentono un ritorno veloce e
adeguato alla vita normale. Quindi, chi decide di mettersi alla prova torna a
sottoporsi al normale addestramento, il suo comandante deciderà allora se
restituirlo al vecchio incarico o proporgli un impiego sedentario. Sono almeno
8 i militari americani già tornati in prima linea, tra cui anche un veterano
delle forze speciali. “Quando, dopo aver perso un piede”, ha raccontato il
maggiore Rozelle, 34 anni, “sono tornato in Iraq, mi è sembrato di tornare a
vivere. Il cuore mi batteva forte come la prima volta in combattimento, molti
di noi non sono disposti a stare dietro una scrivania”.