Vigili urbani genovesi senza la pistola e fuori servizio alla sera e di notte: potrebbe succedere come protesta contro l’annuncio di tagli alle indennità da parte della civica amministrazione, ma anche come “gesto liberatorio dalla schiavitù” che affligge circa 900 agenti della polizia municipale i quali, in assenza di un’armeria della civica amministrazione, devono convivere con l’arma di ordinanza ventiquattro ore su 24. “Non possono lasciare l’arma, finito l’orario di lavoro. Devono portarla a casa e organizzarsi da soli per custodirla in sicurezza anche rispetto alla loro famiglia, bambini inclusi”, lamenta il Sulpm, il sindacato di polizia municipale che è maggioritario all’interno del corpo dei vigili con il 55 per cento degli iscritti. Ieri ha diffuso una lettera aperta al sindaco Marta Vincenzi, spiegando che gli agenti saranno ben felici di “riportare in Comune le loro armi e, di conseguenza, non prestare più servizio serale e notturno”. È ancora una volta una storia di risorse che mancano e relativi tagli. Ma anche di rapporti sindacali. Il segretario del Sulpm, Claudio Musicò, scrive che a metà della scorsa settimana in Comune si è svolto un incontro “segreto” tra il direttore generale e i segretari di alcuni sindacati.
Quali? “I confederali e Fenal”, che nel corpo della polizia municipale ha pochi iscritti ma può firmare accordi come sindacato rappresentativo. Al sindaco Marta Vincenzi, il Sulpm che non era stato invitato chiede “se questo tipo di incontri con solo alcuni segretari di sindacato siano l’espressione di un preciso mandato politico che esclude sindacati non allineati”. Ma soprattutto, il Sulpm chiede conto delle iniziative che sarebbero state annunciate in quell’incontro. “Ai sindacati è stato proposto di tagliare presunti privilegi. Due in particolare: quello relativo alla sicurezza per l’arma e la cosiddetta produttività, una voce che è andata a sostituire la vecchia scala mobile”, scrive il Sulpm. I vigili urbani genovesi infatti, percepiscono come indennità per l’arma una cifra di circa 600 euro all’anno, lordi, ciascuno.
“Per il Comune sono 600 mila euro all’anno in tutto, una indennità che nasce con un fine preciso: remunerare il disturbo di dover tenere l’arma 24 ore su 24, portarla a casa e non avere un’armeria dove depositarla fuori dall’orario di lavoro. Un’armeria – racconta Musicò – costerebbe al Comune una cifra tra i 7 e gli 8 milioni all’anno: i locali, trattandosi di materiale esplodente non potrebbero essere ricavati in un semplice ufficio, come al Matitone. Non solo. L’armeria avrebbe un costo anche per il personale che dovrebbe custodirla 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno e per gli spostamenti degli agenti, che dovrebbero raggiungere l’armeria per depositare l’arma o ritirarla. Per evitare al Comune questo esborso, era nata l’indennità che riduce i costi a un decimo”.
E ora, se il Comune togliesse l’indennità? “Riconsegneremmo le armi in Comune, sapendo anche che per legge i turni serali e notturni devono essere svolti da agenti armati, cosicché non faremmo più quei turni”, dice Musicò. Da quando? “In agosto non faremo nulla. Da settembre partiremo con lo stato d’agitazione e poi vedremo”.
Vigili urbani genovesi senza la pistola e fuori servizio alla sera e di notte: potrebbe succedere come protesta contro l’annuncio di tagli alle indennità da parte della civica amministrazione, ma anche come “gesto liberatorio dalla schiavitù” che affligge circa 900 agenti della polizia municipale i quali, in assenza di un’armeria della civica amministrazione, devono convivere con l’arma di ordinanza ventiquattro ore su 24