Mercoledì 18 una nuova riunione al ministero dell’Interno con associazioni e federazioni. Il Tiro dinamico resta in croce, qualche concessione al Biathlon, ride solo il Tiro a volo
Il ministero dell’Interno tira diritto. Anzi, pigia sull’acceleratore per arrivare a una definizione dell’ormai famigerato regolamento per le autorizzazioni ai poligoni e campi di tiro privati entro i primi di maggio, cioè prima che si insedi un eventuale nuovo ministro. Su un argomento tanto delicato e decisivo per tutto il settore, tocca ancora una volta ad Armi e Tiro rompere il muro di silenzio e rilanciare l’allarme che da due anni abbiamo segnalato all’attenzione degli appassionati e del settore. Alla riunione di mercoledì scorso, alla presenza delle associazioni di produzione e commercio e delle federazioni sportive interessate, il ministero dell’Interno ha presentato un aggiornamento delle bozze che risultavano in discussione in questi mesi (derivate dal documento che avevamo pubblicato nel marzo 2017). A quanto sembra, la modalità del ministero è sempre all’insegna del “prendere o lasciare”: qualche ulteriore concessione è stata riconosciuta innanzi tutto ai campi di Tiro a volo, tanto è vero che la Fitav parla senza mezzi termini di soddisfazione, come si evince dal loro comunicato; anche il Biathlon porta a casa un riconoscimento di particolarità, grazie all’interessamento della Federazione sport invernali (Fisi) che ha coinvolto il Coni e il suo presidente Giovanni Malagò. A quanto pare, a restare con il cerino in mano e a dover “pagare” il conto più salato sarebbero tutte le attività collegate al Tiro action: su tutte, il Tiro dinamico sportivo che, nonostante la Fitds sia disciplina associata del Coni, si è vista rifiutare in tronco la proposta di adottare una disciplina speciale come è stato invece concesso al Biathlon.
Se dovessero confermarsi queste indicazioni preliminari, lo scenario delle prossime settimane potrebbe essere a dir poco preoccupante, di fronte alla prospettiva per i campi di tiro di dover scegliere tra effettuare adeguamenti strutturali economicamente e logisticamente insostenibili o, brutalmente, chiudere baracca. In questa eventualità, le ripercussioni sarebbero pesantissime per tutto il settore della produzione, importazione e vendita di armi, componenti per la ricarica, munizioni, equipaggiamenti e così via. Potrebbe rappresentare il fatidico colpo di grazia per molte armerie, che negli ultimi anni hanno visto inesorabilmente ridimensionarsi il fatturato legato alla caccia.
Sorprende un po’ come il mondo della produzione stia assecondando nella consegna del silenzio il lavoro del nuovo dirigente addetto alla definizione di questo documento, il prefetto Stefano Gambacurta. Sarebbe auspicabile che sia possibile coinvolgere una base quanto più ampia possibile di appassionati, al fine di far recepire alle parti in trattativa le reali e concrete necessità ed esigenze di questo settore.
Non va dimenticato, inoltre, che al di là della volontà di accelerazione impressa, il ministero dell’Interno non tenga in apparente minima considerazione l’interrogazione parlamentare presentata pochi giorni fa in senato e firmata da tutto il gruppo della Lega (58 senatori), con la quale si evidenziano numerose criticità sia nel merito, sia nel metodo di costruzione di questo fatidico regolamento.