Gli oltre un milione e duecento mila cacciatori francesi hanno di che rallegrarsi. La settimana scorsa, infatti, il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron ha ricevuto il presidente della Fédération National de chasseurs – la principale associazione che tutela i diritti dei cacciatori – Willy Schraen (nella foto in basso, insieme a Macron), per un incontro che è stato definito dagli stessi partecipanti come “estremamente cordiale e costruttivo”.
Macron non ha soltanto ricevuto il presidente di un’associazione venatoria all’Eliseo, che già di per sé, per gli standard a cui siamo abituati, sembrerebbe quasi fantascienza, ma ha persino espresso il suo accordo ad avviare una riforma che riduca il costo annuale della licenza di caccia a 200 euro, dai circa 400 che i cacciatori francesi pagano attualmente (licenza di caccia che, ricordiamo, consente ai cacciatori di praticare l’attività venatoria su tutto il territorio nazionale, compresi i Dipartimenti d’oltremare).
Il presidente si è detto favorevole anche a dare il via a una campagna volta a riformare l’Oncfs, l’Ufficio nazionale della caccia e della fauna selvatica, l’ente pubblico che regola l’attività venatoria in Francia. Il capo di Stato ha promesso anche di impegnarsi per l’estensione dei periodi di caccia ad alcune specie in deroga.
Pare, inoltre, che il presidente stia meditando di riportare in vita le tradizionali battute di caccia presidenziali al castello di Chambord, abolite nel 2010 da Nicolas Sarkozy. Il maniero di Chambord, dagli anni Trenta di proprietà del governo francese, è stato per secoli la principale residenza di caccia dei monarchi francesi, che erano soliti organizzarvi battute di caccia in grande stile, tradizione, questa, portata avanti per lungo tempo anche in periodo repubblicano. La tenuta del castello, che si estende per oltre 5.400 ettari, è l’habitat ideale per diversi tipi di selvaggina, soprattutto ungulati, tanto da costringere – nonostante l’abolizione delle cacciate “di rappresentanza”- a periodiche battute di contenimento. Proprio al termine di una di queste battute, lo scorso dicembre, Macron è stato pesantemente criticato dall’opinione pubblica per aver presenziato alla tradizionale cerimonia del tableu de chasse, con tanto di foto, pubblicata sui social dalla Federazione dei cacciatori, che non è sfuggita ad ambientalisti e anticaccia.
È certo che i cacciatori, in Francia, rappresentino una forza elettorale non indifferente e che, saggiamente, Macron stia cercando di portarli dalla sua parte, mantenendo, di fatto, molte delle promesse fatte durante la campagna elettorale. «(La caccia, ndr) fa parte in effetti del nostro patrimonio, fa parte dello stile di vita, è un legame con la nostra letteratura e le nostre tradizioni» ha dichiarato il presidente, che si è detto favorevole a tutte le forme di caccia consentite, compresa la tradizionale vénerie, la caccia a cavallo (foto in alto), decisamente la forma più criticata dagli attivisti animalisti francesi.
Macron non ha soltanto ricevuto il presidente di un’associazione venatoria all’Eliseo, che già di per sé, per gli standard a cui siamo abituati, sembrerebbe quasi fantascienza, ma ha persino espresso il suo accordo ad avviare una riforma che riduca il costo annuale della licenza di caccia a 200 euro, dai circa 400 che i cacciatori francesi pagano attualmente (licenza di caccia che, ricordiamo, consente ai cacciatori di praticare l’attività venatoria su tutto il territorio nazionale, compresi i Dipartimenti d’oltremare).
Il presidente si è detto favorevole anche a dare il via a una campagna volta a riformare l’Oncfs, l’Ufficio nazionale della caccia e della fauna selvatica, l’ente pubblico che regola l’attività venatoria in Francia. Il capo di Stato ha promesso anche di impegnarsi per l’estensione dei periodi di caccia ad alcune specie in deroga.
Pare, inoltre, che il presidente stia meditando di riportare in vita le tradizionali battute di caccia presidenziali al castello di Chambord, abolite nel 2010 da Nicolas Sarkozy. Il maniero di Chambord, dagli anni Trenta di proprietà del governo francese, è stato per secoli la principale residenza di caccia dei monarchi francesi, che erano soliti organizzarvi battute di caccia in grande stile, tradizione, questa, portata avanti per lungo tempo anche in periodo repubblicano. La tenuta del castello, che si estende per oltre 5.400 ettari, è l’habitat ideale per diversi tipi di selvaggina, soprattutto ungulati, tanto da costringere – nonostante l’abolizione delle cacciate “di rappresentanza”- a periodiche battute di contenimento. Proprio al termine di una di queste battute, lo scorso dicembre, Macron è stato pesantemente criticato dall’opinione pubblica per aver presenziato alla tradizionale cerimonia del tableu de chasse, con tanto di foto, pubblicata sui social dalla Federazione dei cacciatori, che non è sfuggita ad ambientalisti e anticaccia.
È certo che i cacciatori, in Francia, rappresentino una forza elettorale non indifferente e che, saggiamente, Macron stia cercando di portarli dalla sua parte, mantenendo, di fatto, molte delle promesse fatte durante la campagna elettorale. «(La caccia, ndr) fa parte in effetti del nostro patrimonio, fa parte dello stile di vita, è un legame con la nostra letteratura e le nostre tradizioni» ha dichiarato il presidente, che si è detto favorevole a tutte le forme di caccia consentite, compresa la tradizionale vénerie, la caccia a cavallo (foto in alto), decisamente la forma più criticata dagli attivisti animalisti francesi.