Con sentenza n. 11.428 del 28 dicembre 2022, la sezione terza del Consiglio di Stato ha respinto il ricorso di un cittadino che si è visto comminare il divieto di detenzione armi ex art. 39 Tulps, disposto dalla prefettura di Potenza per aver impedito all’autorità di pubblica sicurezza di effettuare un controllo sulle armi detenute, sotto il profilo della congruità delle modalità di custodia.
Da tale episodio il prefetto aveva “desunto elementi idonei a determinare un giudizio negativo sulla affidabilità del soggetto, avendo il medesimo omesso di prestare la piena e fattiva collaborazione necessaria per le verifiche amministrative sulla regolare detenzione delle armi e sul rispetto della relativa disciplina”.
Il ricorrente aveva già adito il Tar della Basilicata, che aveva respinto il ricorso: analogo destino ha avuto il ricorso al Consiglio di Stato, i giudici hanno infatti ritenuto che “L’appellante evidenzia, a tal proposito, che non sarebbero emersi nella vicenda in esame elementi tali da condurre l’amministrazione a una prognosi di possibile abuso delle armi, dovendo al contrario considerarsi la condotta tenuta in occasione dei controlli amministrativi del tutto legittima per l’ordinamento giuridico, posto che il controllo dell’autorità di pubblica sicurezza è avvenuto in assenza di una autorizzazione dell’Autorità giudiziaria e senza il rispetto delle formalità previste dall’art. 357 c.p.p. I motivi non sono suscettibili di positivo apprezzamento. In via preliminare, occorre osservare che l’art. 38, comma 3, del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 riconosce all’autorità di pubblica sicurezza la facoltà di esercitare, quando lo ritenga necessario, verifiche di controllo e di prescrivere quelle misure cautelari che ritenga indispensabili per la tutela dell’ordine pubblico. Si tratta, a ben vedere, di un controllo amministrativo, finalizzato alla verifica del rispetto della disciplina in materia di detenzione e custodia delle armi, di cui agli artt. 20 e 20-bis della legge n. 110/1975, che non necessita pertanto di alcuna preventiva comunicazione, venendo altrimenti vanificata la stessa ratio del controllo. Per tale ragione, non si richiede neppure una specifica autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria né il rispetto delle formalità prescritte dall’art. 357 c.p.p., posto che il controllo in esame non presuppone la commissione di un reato. L’accertamento compiuto dall’Autorità di pubblica sicurezza, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, deve pertanto considerarsi pienamente legittimo, non risultando lesivo delle garanzie previste dall’art. 14 Cost. Quanto precede consente di ritenere che ragionevolmente la Prefettura ha desunto dal rifiuto di collaborazione con le forze dell’ordine, a fronte di una richiesta legittima dell’Autorità di pubblica sicurezza, indici sintomatici dell’inaffidabilità del soggetto detentore delle armi”.