Con sentenza n. 15304 del 16 ottobre 2023, la sezione Prima ter del Tar del Lazio è tornata a occuparsi della fondatezza delle motivazioni per il sequestro cautelare delle armi da parte dell’autorità di pubblica sicurezza, ex art. 39 Tulps. In particolare, a fronte del fatto che il ricorrente è indagato per un procedimento penale per una presunta truffa, l’autorità di pubblica sicurezza ha disposto il sequestro delle armi e, inoltre, nel provvedimento non sarebbero state tenute in conto le controdeduzioni difensive prodotte dal cittadino oggetto del provvedimento.
Il tribunale amministrativo ha accolto il ricorso, considerando che “L’amministrazione ha violato le norme sul procedimento amministrativo, non solo perché non ha considerato la documentazione prodotta dal ricorrente dopo la comunicazione di cui all’art. 7 l. 241/90, ma anche perché non ha adeguatamente motivato sulle ragioni dalle quali possa desumersi il pericolo di abuso delle armi. Va premesso che, in merito alla revoca dei titoli e delle autorizzazioni di polizia, la giurisprudenza amministrativa è costante nell’affermare che, ferma restando l’ampia discrezionalità che connota il potere valutativo dell’amministrazione a tutela degli interessi primari dell’ordine e della sicurezza pubblica, non va mai dimenticato che la stessa deve essere esercitata in coerenza con la situazione di fatto, oggettivamente esistente, e mediante la formulazione di una congrua motivazione sulle ragioni, concrete ed attuali, dalle quali possa desumersi il rischio di un abuso delle armi (cfr. TAR Roma, sez. I ter, n. 12512/2023).
Il pericolo di abuso delle armi, in particolare, deve essere comprovato e richiede, sia un’adeguata istruttoria, sia una congrua valutazione, anche della personalità del soggetto, che possa giustificare un giudizio prognostico sulla sua sopravvenuta inaffidabilità, come in caso di personalità violente, aggressive o prive della normale capacità di autocontrollo.
In conclusione, pur non essendo richiesto un oggettivo ed accertato abuso nell’uso delle armi, questo in forza del carattere preventivo delle misure di polizia, è, comunque, necessario provare che, sulla base di elementi obiettivi, vi siano circostanze tali che dimostrino una scarsa affidabilità nella detenzione o nell’uso delle armi o un’insufficiente capacità di dominio dei propri impulsi ed emozioni (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 238/2004).
Facendo applicazione dei principi di cui sopra nel caso in esame, deve evidenziarsi che la Prefettura di Roma ha fondato il provvedimento di rigetto sulla sola esistenza di un procedimento penale a carico del -OMISSIS-, senza specificare, nemmeno in termini soltanto generici (questo in ragione di esigenze investigative ancora sussistenti), le specifiche ragioni che farebbero ritenere il soggetto richiedente pericoloso o comunque capace di abusi. Cioè, non essendo menzionato neppure il titolo di reato per cui si procede, non si comprende da dove l’amministrazione ricavi la sopravvenuta inaffidabilità del ricorrente. Aspetto, si osservi, reso ancora meno chiaro anche dal fatto che il -OMISSIS-, con la memoria presentata nel procedimento, ha specificato che si tratterrebbe, in realtà, di un procedimento penale relativo ad una presunta truffa, dunque ad un reato che non rileva rispetto alla detenzione delle armi. In definitiva, dalla motivazione dell’atto impugnato non emerge alcuna specifica valutazione sulla personalità del ricorrente dalla quale far discendere quel giudizio di inaffidabilità e di assenza di buona condotta, impeditivo alla permanenza del titolo di polizia che autorizza la detenzione; giudizio che deve investire nel suo complesso lo stile di vita del soggetto interessato e che va ricondotto specificatamente al provvedimento revocato”.