Qualche giorno fa Butac, più di recente Sassaricity: informare correttamente sul decreto di recepimento si può. Ma perché solo l'informazione "minore" si preoccupa di conoscere la verità?
Dopo la valanga di sciocchezze propinate all'indomani dell'entrata in vigore del decreto legislativo di recepimento, specialmente dagli organi di informazione più importanti (quotidiani nazionali, telegiornali di emittenti primarie), finalmente, quasi in sordina, cominciano a proliferare anche i resoconti che rendono giustizia non tanto agli appassionati d'armi, quanto alla verità dei fatti. Qualche giorno fa è stato il sito anti-fake news Butac (Bufale un tanto al chilo) ad analizzare correttamente i reali contenuti del decreto, seguito più di recente da Sassaricity, settimanale di "appuntamenti, opinioni e satira" che, complice anche il fatto che il suo direttore Luca Losito è un appassionato d'armi, ha efficacemente riaffermato i principi basilari (che in quanto basilari dovrebbero essere ovvi, ma ovvi non sono) della legislazione in materia di armi sul proprio sito.
Il "caso" scaturito, almeno tra gli appassionati, dal modo distorto di trattare la questione del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2017/853 in materia di armi richiede evidentemente una riflessione sullo stato dell'informazione in Italia. È paradossale, ma altrettanto palese, che finora a trasmettere correttamente le informazioni su cosa sia realmente accaduto e soprattutto realmente cambiato con l'approvazione del recepimento, siano stati principalmente organi di informazione "minori" (s'intende che "minori" non è in alcun modo inteso in senso dispregiativo!), laddove invece le fonti di informazione non solo più diffuse e accreditate, ma anche maggiormente strutturate e organizzate abbiano dato una pessima prova in termini di qualità dell'informazione. Ma perché accade questo? Be', la causa principale risiede in alcuni casi, ovviamente, in un preciso preconcetto politico-ideologico, che fa sì che una determinata notizia debba essere riportata fin dall'origine in modo da rispettare un quadro già prestabilito.
Anche nel caso in cui vi sia la più assoluta buona fede sotto questo aspetto però, apparentemente, sembra che più il quotidiano o il Tg sono grandi, importanti e diffusi, più si tenda a superficializzare la notizia, forse anche a causa dell'elevato numero di notizie delle quali è richiesto di occuparsi. Un altro elemento pernicioso e dannoso per la corretta trasmissione delle informazioni è che ormai sempre più raramente coloro i quali sono addetti a realizzare un titolo e un sommario di una notizia, sono in grado di riconoscere correttamente il confine tra la necessità di "fare richiamo" alla notizia stessa e la distorsione dei contenuti. Non si può negare, poi, che un altro contributo importante alla confusione delle idee derivi dal fatto che, purtroppo, alcune fonti di informazione alle quali attingono quotidiani nazionali e Tg sono in realtà "avvelenate": parliamo, in particolare, di alcune associazioni e/o organizzazioni che nel loro nome lasciano trasparire una indipendenza e terzietà rispetto alla questione da trattare, laddove in realtà il modo di diffondere dati e informazioni sull'argomento da parte loro è ideologicamente orientato in modo ben preciso. Anche in questo caso, però, la responsabilità ricade sui professionisti dell'informazione, che non si preoccupano di capire come realmente stiano le cose e di valutare la qualità della fonte di informazione.
Tutto questo ha come risultato una palese sfiducia del pubblico nei confronti dell'informazione "ufficiale" e la ricerca di media alternativi dai quali attingere la verità delle cose. Crediamo che questo debba essere uno spunto di riflessione per chi pratica la nostra professione e che l'ordine dei giornalisti debba svolgere una attenta e se necessario severa opera di sorveglianza e controllo del rispetto dei principi deontologici che, sempre più spesso, sembrano essere divenuti carta straccia.