Il Committe of oversight and reform della camera dei rappresentanti statunitense ha reso noti i risultati di una ricerca condotta sulle carabine tipo Ar15 (definite spesso “d’assalto”), che ha preso in considerazione in modo particolare cinque produttori (Smith& Wesson, Ruger, Daniel Defense, Sig Sauer, Bushmaster) evidenziando come le aziende statunitensi abbiano realizzato, con la vendita di tali armi, un fatturato di oltre un miliardo di dollari nell’ultimo decennio. In particolare due delle aziende “attenzionate” nello studio, cioè Daniel Defense e Ruger, si sottolinea che abbiano triplicato il loro fatturato per la vendita di carabine Ar15 negli ultimi tre anni. Rispettivamente, il fatturato di Daniel Defense per gli Ar15 sarebbe passato dai 40 milioni del 2019 ai 120 del 2021 e per Ruger la crescita è stata da 39 a 103 milioni.
La commissione ha peraltro sottolineato che i risultati sono coerenti con la tendenza espressa in generale dall’industria delle armi, che tende a incrementare le vendite nel periodo successivo alle elezioni e in seguito a disordini civili o sparatorie di massa (paventando, in quest’ultimo caso, successive restrizioni all’acquisto).
La commissione ha tuttavia stigmatizzato in particolare le tecniche di marketing adottate Oltreoceano per promuovere la vendita delle carabine tipo Ar15, che sarebbero specialmente rivolte ai più giovani, con campagne che imitano i videogiochi o con slogan che fanno riferimento al posizionamento dell’acquirente “in cima alla catena alimentare del testosterone”.
La deputata Carolyn Maloney, presidente della commissione, ha commentato all’Associated press: “queste tattiche di marketing sono profondamente inquietanti, sfruttatrici e sconsiderate. L’industria delle armi sta traendo profitto dal sangue di americani innocenti”.
La commissione ha anche sottolineato che i produttori di armi non riescono a monitorare morti, feriti o crimini commessi con il loro prodotto, né a tracciare le armi da loro prodotte che siano state successivamente modificate illegalmente. Torna, così, alla ribalta un tema ormai dibattuto da diversi anni Oltreoceano, secondo il quale i produttori di armi dovrebbero essere ritenuti responsabili civilmente per l’utilizzo criminale dei loro prodotti (cancellando, in pratica, il concetto stesso di responsabilità individuale).
I risultati di questa indagine appaiono di particolare peso propagandistico, essendo giunti appena due giorni prima del voto a sorpresa della camera sul provvedimento di messa al bando delle armi “d’assalto”, al quale dovrà seguire il dibattito e il voto in Senato dopo la riapertura per la pausa estiva.