Con sentenza n. 1215 del 10 gennaio 2024 (udienza del 17 ottobre 2023), la Sezione I penale della corte di Cassazione si è occupata di un aspetto molto peculiare relativo all’attività di produzione e importazione delle armi da fuoco, cioè se sia previsto o meno un termine perentorio entro il quale, con specifico riguardo alle armi importate dall’estero, sussista l’obbligo di presentazione al Banco di prova per il collaudo e l’apposizione degli specifici punzoni.
La vicenda trae origine da una importazione effettuata alcuni anni or sono da una armeria del Nord Italia che, prima di inviare le armi al Banco di prova di Gardone Val Trompia per il collaudo e la punzonatura, aveva inoltrato le armi stesse (previo avviso di trasporto della competente questura) a un armaiolo riparatore, al fine di verificare la piena rispondenza delle armi in questione alle normative vigenti, con l’accordo che sarebbe stato quest’ultimo, poi, a presentarle al Banco. Alcuni giorni dopo che l’armaiolo aveva ricevuto le armi in questione fu sottoposto a perquisizione da parte dell’autorità di pubblica sicurezza e le armi furono sequestrate in quanto ritenute clandestine, perché sprovviste dei contrassegni del Banco di prova.
La Cassazione ha accolto il ricorso, dichiarando che “L’art. 13, I. n. 110 del 1975 stabilisce che per l’importazione definitiva la dogana, cui sono presentate le armi, dopo la nazionalizzazione deve curarne l’inoltro al Banco di prova di Gardone Val Trompia, a spese dell’importatore. Il Banco è l’ente di diritto pubblico al quale il comma 12-sexiesdecies dell’art. 23, d.l. 6 luglio 2012, n. 95, conv. dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, ha attribuito – a seguito della soppressione del Catalogo nazionale delle armi – il compito di verificare, per ogni arma prodotta, importata o commercializzata in Italia, la qualità di arma comune da sparo, nonché la sua corrispondenza alle categorie di cui alla normativa europea.
Devono pertanto essere sottoposte a prova, oltre alle armi fabbricate in Italia e a quelle demilitarizzate, anche le armi importate dall’estero qualora non portino il marchio della prova già subìta presso un Banco riconosciuto (art. 11, commi 4 e 5, I. n. 110 del 1975). In tal caso l’importatore deve curare i necessari adempimenti (comma 4), presentando motivata richiesta al BNP, vistata dall’ufficio di Pubblica sicurezza. Effettuate le verifiche prescritte, il Banco imprime uno speciale contrassegno sull’arma e annota l’operazione in uno specifico registro (art. 11, commi 2 e 3). Qualora le armi non superino la prova prescritta dalla legge (art. 1, I. n. 186 del 1960), ovvero la verifica prevista dall’art. 23, comma 12-sexiesdecies, dl. n. 95 del 2012, il Banco ne dà avviso all’importatore (o produttore) il quale entro i successivi 30 giorni, può chiederne la rispedizione all’estero, ovvero scegliere di rottamarle (art. 14, I. n. 110 del 1975). L’art. 23, I. n. 110 del 1975, definisce armi clandestine: 1) le armi comuni da sparo non sottoposte alla verifica del Banco di prova (ex art. 23, comma 12- sexiesdecies, d.I.95 del 2012); 2) le armi comuni sprovviste dei contrassegni di cui all’art. 11 della medesima legge. I successivi commi dell’art. 23 puniscono chi fabbrica, introduce nello Stato, commercia, cede armi clandestine (comma 2); chi detiene quelle armi (comma 3), nonché colui che le porta in luogo pubblico o aperto al pubblico (comma 4). Il comma 6 introduce una causa di non punibilità in relazione a colui che effettua il trasporto di armi comuni da sparo prive dei segni di identificazione prescritti al Banco nazionale di prova per l’importazione. La ratio della norma incriminatrice di cui all’art. 23 legge 18 aprile 1975, n. 110 è stata pacificamente ravvisata nell’esigenza di sottoporre a costante controllo tutte le armi comuni da sparo e le persone legittimate a detenerle, e a garantire la facile ed immediata controllabilità dell’arma ai fini di un pronto riconoscimento della sua provenienza (Sez. 1, n. 2618 del 08/11/1984, dep. 1985, Rv. 168370; Sez. 1, n. 7914 del 11/04/1988, Rv. 178828).
Si è pertanto ritenuto che la mancanza anche di uno solo degli elementi prescritti dall’art. 11 della legge n. 110 del 1975, ivi compreso il numero progressivo di matricola e contrassegno speciale del Banco nazionale di prova di Gardone Val Trompia, rende le armi prodotte in Italia clandestine (Sez. 1, n. 18778 del 27/03/2013, Reccia, Rv. 256014. Si veda, altresì, Sez. 1, n. 25118 del 09/06/2010, Erion, Rv. 247712). Venendo al caso in esame, si rileva che le armi sequestrate al ricorrente erano state importate in Italia dall’armeria (OMISSIS) e, pur essendo state nazionalizzate, non erano ancora state inviate al Banco di prova, sicché esse erano prive dei relativi punzoni, nonché di quelli di altro banco riconosciuto. Ciononostante, non potevano ancora qualificarsi come clandestine. Esse, infatti, erano perfettamente tracciabili: la Questura di (OMISSIS) aveva rilasciato apposita autorizzazione alla loro importazione; erano transitate dalla dogana che le aveva nazionalizzate; la Questura era informata del loro trasporto al (OMISSIS), avendolo specificamente autorizzato. Gli stessi Uffici doganali avevano incaricato dell’inoltro delle armi al Banco di prova l’importatore (OMISSIS), il quale aveva comunicato a tale ente di aver delegato il (OMISSIS). Tutti tali elementi attestano come non solo l’ingresso delle armi in Italia fosse a conoscenza dell’Autorità di pubblica sicurezza, la quale aveva rilasciato apposita licenza, nonché della dogana, ma anche i successivi spostamenti, e in particolare la consegna al ricorrente, erano stati resi noti alla Questura che aveva rilasciato apposita autorizzazione. Emerge, dunque, con chiarezza che la detenzione delle armi da parte dell’imputato oltre ad essere tracciata, era temporanea, in quanto finalizzata alla consegna al Banco di prova per le operazioni di cd. “bancatura”, come risultante dalla delega a tal fine effettuata dal (OMISSIS) e comunicata al Banco. D’altra parte, la normativa vigente non prevede alcun termine per l’effettuazione di tale operazione, men che meno un termine perentorio, non rilevando quello previsto dall’art. 14, comma 2, I. n. 110 del 1975, il quale si riferisce alle armi che non abbiano superato la verifica del Banco e che entro tale termine devono essere rottamate ovvero rispedite all’estero; e neppure rileva il termine assegnato all’importatore dagli Uffici doganali per la consegna delle armi al Banco di prova, termine che non è previsto come perentorio. In assenza di una specifica previsione in tal senso, illogica risulta la conclusione cui è pervenuta la Corte territoriale, la quale ha ritenuto che l’inoltro al Bnp delle armi importate debba essere immediato, e ciò tanto più alla luce dell’art. 11, comma 5, I. n. 110 del 1975, il quale stabilisce che, qualora le armi comuni da sparo introdotte dall’estero manchino dei segni distintivi apposti da altro banco di prova riconosciuto, è a carico dell’importatore l’onere di «curare i necessari adempimenti», senza stabilire alcun limite temporale. Neppure risulta esclusa la possibilità per l’importatore di delegare un altro soggetto per effettuare tale inoltro. Alla luce di tali elementi, deve ritenersi che al momento del sequestro delle armi presso il (OMISSIS), era ancora in corso l’iter per la loro importazione definitiva, di tal che deve escludersi la sussistenza del reato contestato”.