Ecco alcune sentenze della suprema corte di Cassazione emesse nei confronti di alcuni soggetti che trasportavano armi all’interno di aree protette.
Armi in zone protette: sez. 1 sent. 02919 del 09.03.2000. Poiché nei territori delle aree protette a norma della legge quadro 6 dicembre 1991 n° 394, è quest’ultima, con l’articolo 11, comma terzo, lett. f), a prescrivere espressamente la necessità della preventiva autorizzazione degli enti preposti alla tutela delle aree stesse per l’introduzione, da parte di privati, di armi, esplosivi e qualsiasi mezzo distruttivo o di cattura, a fissare con sufficiente chiarezza le condotte vietate e a dettare, in caso di violazione dei divieti previsti, specifiche sanzioni penali, non sono necessarie ulteriori determinazioni regolamentari per la sua immediata applicabilità. Ne discende che, ai fini della configurabilità della contravvenzione al divieto di introduzione di armi in area protetta, è sufficiente la constatata presenza del privato, senza la prescritta autorizzazione, all’interno dell’area e in possesso di arma e munizioni, a prescindere dalla flagranza dell’attività venatoria o dell’atteggiamento di caccia, costituendo il relativo divieto lo strumento prescelto dal legislatore per la radicale salvaguardia della fauna protetta. (Nell’enunciare il principio di cui in massima, con riferimento a una fattispecie relativa all’introduzione non autorizzata di un fucile da caccia e relativo munizionamento all’interno della riserva naturale biogenetica di Vallombrosa, la S.C. ha anche precisato che la norma dell’articolo 11, comma terzo, della legge n. 394 del 1991 non è stata abrogata dall’articolo 21 della legge 11 febbraio 1992 n. 157, perché il richiamo contenuto nella lett. g) di quest’ultima disposizione si riferisce alle altre zone – in cui è vietata l’attività venatoria e il trasporto delle armi per uso venatorio, a meno che non siano scariche e in custodia – previste nel medesimo articolo, ma non alle aree protette previste dalla legge n. 394 del 1991).
Sez. 3 sent. 00030 del 05.01.2000. Il divieto di introduzione di arma in aree protette, posto dall’articolo 11, comma 3, della legge 6 dicembre 1991 n° 394, per la specificità dei beni giuridici tutelati, non può considerarsi abrogato ai sensi dell’ articolo 37, comma 1, della legge 11 febbraio 1992 n° 157. Né il trasporto di un arma dovrebbe considerarsi lecito e consentito dall’articolo 21, lett. g) della legge 157, che autorizza il trasporto di armi da sparo per usi venatorio, purché scariche e in custodia, anche all’interno di zone ove la caccia è vietata. Infatti tale possibilità non opera nei luoghi specificati alle lettere da a) ad e) dello stesso articolo 21, tra cui le aree protette.
Massime che appaiono corrette. Però vi è indubbiamente la necessità di dare una interpretazione al termine “introdurre”. È evidente, ad esempio, che se una strada statale attraversa un parco nazionale (ad es. quella dello Stelvio) non potrà di certo essere vietato il passaggio di un camion che trasporta armi; il termine “introdurre” va inteso nel senso di “portare nella zona vietata armi in modo che sia possibile abusarne per fare bracconaggio” e, quindi, si ricade più o meno nelle nozioni contenute nella legge sulla caccia e che vietano il trasporto non in modo assoluto, ma solo se l’arma non è adeguatamente smontata, scarica e in custodia. Si tenga presente che il termine “introdurre” si trova in una trattato internazionale scritto in più lingue e che perciò ha dovuto usare necessariamente un termine molto generico, non tecnico, da adattare poi alle singole legislazioni. Sotto questo aspetto ben si può sostenere che il trattato non ha voluto stabilire nulla di diverso dal nostro divieto di portare armi cariche e non smontate e imballate.
Cass., I, 22/05/2000 n° 5977. Destinatari del divieto, penalmente sanzionato, di introduzione di armi in area protetta sono tutti i privati, termine con il quale si è inteso non assoggettare al divieto esclusivamente i rappresentanti della forza pubblica. (Fattispecie concernente l’introduzione di una carabina nel Parco nazionale del Gran Sasso a opera di guardia particolare giurata, nominata per la vigilanza volontaria venatoria nell’ambito della provincia dell’Aquila, in relazione alla quale la S.C. ha precisato che la vigilanza circoscritta all’attività venatoria da un lato lascia impregiudicato l’ordine delle attribuzioni istituzionali di sorveglianza all’interno dell’area protetta, e quindi l’esclusiva attribuzione di essa al corpo forestale dello Stato e, dall’altro, non costituisce titolo per accedere con le armi in tale area). Sembra di capire che la cassazione intenda dire, in via più generale, che una guardia giurata non ha obbligo, ma solo facoltà di andare armata e che pertanto il divieto di introduzione di armi valga anche per lei. Invece una guardia del corpo forestale o un carabiniere, hanno il dovere istituzionale di andare armati e quindi possono portare armi anche in zone protette. Pare decisione del tutto ovvia.