La Cassazione torna a occuparsi dei requisiti costruttivi che differenziano il coltello (strumento atto a offendere) dal pugnale (arma bianca), con una recente sentenza (n. 36443 pubblicata il 7 ottobre 2021). La distinzione non è meramente semantica, in quanto il coltello, o in generale lo strumento atto a offendere, è di libera vendita, non richiede alcuna formalità per la detenzione e il porto è consentito con giustificato motivo; per l’arma bianca è richiesto il porto d’armi o nulla osta per l’acquisto, occorre denunciare la detenzione e il porto è vietato in modo assoluto. Anche sotto il profilo sanzionatorio, il porto senza giustificato motivo di uno strumento atto a offendere riceve una pena differente (art. 4 legge 110/75) rispetto al porto abusivo dell’arma bianca (art. 699 cp).
“Ai fini della qualificazione del “coltello” quale arma propria o arma impropria”, si legge nella sentenza, “quindi, deve farsi riferimento, rispettivamente, alla presenza o alla assenza della punta acuta e della lama a due tagli, tipica delle armi bianche corte, mentre sono irrilevanti le particolarità di costruzione dello strumento (Sez. 1, n. 17255 del 01/04/2019, Naccarato, Rv. 275252). In altri termini, il coltello a serramanico o il coltello a scatto non costituiscono necessariamente un’arma (bianca) propria per cui non è ammessa licenza, il cui porto fuori dall’abitazione integra il reato di cui all’art. 699, secondo comma, cod. pen. (e non già primo comma): affinché il fatto sia idoneo a realizzare il più grave reato punito, a titolo di fattispecie autonoma, dal secondo comma della norma incriminatrice, occorre che il coltello oggetto di porto abusivo, più che essere dotato di un congegno a scatto che consenta la fuoriuscita della lama dal manico, senza la necessità di una manovra di estrazione manuale, e il successivo bloccaggio della lama stessa in assetto col manico, possieda le caratteristiche tipiche di un pugnale o di uno stiletto, rappresentate dalla presenza di una punta acuta e di una lama a due tagli”.
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