Con sentenza n. 20146 dell’11 maggio 2023 (udienza del 7 dicembre 2022) la sezione I penale della Cassazione è tornata a occuparsi della differenza esistente tra il semplice “coltello” (qualificato secondo l’attuale normativa come strumento da punta o da taglio atto a offendere) e il “pugnale” (che secondo l’attuale normativa è invece arma vera e propria).
La vicenda muove dalla condanna avvenuta in primo grado nei confronti di un cittadino, accusato del reato di porto abusivo di armi (art. 699 codice penale) perché ritenuto responsabile di aver portato in luogo pubblico un’arma “qualificata come pugnale, dalla lunghezza di 33 cm, rinvenuta nel vano porta oggetti dell’automezzo condotto dallo stesso”.
Il difensore ha proposto ricorso in appello, chiedendo che il reato fosse modificato in quello di porto senza giustificato motivo di strumento atto a offendere, ex art. 4 della legge 110/75.
Incredibilmente, il giudice d’appello ha invece confermato la condanna, con la surreale motivazione secondo la quale l’oggetto era da qualificarsi come pugnale perché “caratterizzato da una punta estremamente acuminata e quantomeno da un lato affilato”.
È stato quindi proposto ricorso in Cassazione, che lo ha accolto, ribadendo che “la giurisprudenza di legittimità ha affermato che, ai fini della qualificazione di un “coltello” quale arma propria od impropria, deve farsi riferimento, rispettivamente, alla presenza o alla assenza della punta acuta e della lama a due tagli, tipica delle armi bianche corte, mentre sono irrilevanti le particolarità di costruzione dello strumento (Sez. 1, n. 17255 del 01/04/2019, Naccarato, Rv. 275252-01; Sez. 1, n. 10979 del 03/12/2014, dep. 2015, Campo, Rv. 262867-01). La sentenza risulta contraddittoria nella parte in cui, come dedotto dal ricorrente, ha dapprima richiamato la giurisprudenza di legittimità in tema di distinzione tra arma propria e arma impropria, per poi ritenere che l’oggetto in questione potesse essere qualificato come pugnale per la presenza di un lato affilato. Tali affermazioni sono fra loro contraddittorie: infatti, o si accerta che l’oggetto presenta una lama a due tagli, e allora il fatto dovrà essere qualificato ai sensi dell’art. 699 cod. pen.; oppure si accerta che l’oggetto presenta un solo lato affilato, e allora il fatto dovrà essere qualificato ai sensi dell’art. 4 legge n. 110 del 1975”.
La sentenza è stata quindi annullata, con rinvio a nuovo giudizio presso la corte d’appello.