Prosegue il dibattito sull’impossibilità da parte delle forze dell’ordine di portare fuori servizio un’arma più piccola rispetto a quella d’ordinanza. Ma il ministero dell’Interno già tre anni fa disse…
Il disgraziato omicidio a Roma del carabiniere Mario Cerciello Rega, risultato disarmato, ha suscitato dibattiti e riflessioni anche in seno alla stampa non specializzata: è rilanciato ormai da alcuni giorni sui Social un articolo de Il Giornale, nel quale si evidenzia lo stridente contrasto, risalente ai tempi dell’emanazione del regolamento di esecuzione al Tulps, tra le facoltà consentite ai magistrati e agli ufficiali di pubblica sicurezza rispetto a quelle consentite ai semplici agenti di polizia e carabinieri. Ai quali, come è noto, è consentito sì girare armati anche fuori servizio, ma solo ed esclusivamente con l’arma d’ordinanza. Eccellente per i compiti da svolgere in uniforme, decisamente non facile da occultare nel porto in abiti borghesi, in particolare durante i mesi estivi nei quali l’abbigliamento è, per forza di cose, ridotto ai minimi termini. Però, dopo gli attentati di Barcellona, l’allora ministro Minniti consigliò caldamente agli operatori delle forze dell’ordine di portare con sé l’arma anche fuori servizio, come ulteriore presidio di sicurezza in funzione antiterrorismo. E già allora fu fatto notare (inutilmente, a quanto pare), i limiti sulla possibilità di porto della Beretta 92 Fs.
Ciò che forse non tutti ricordano è che in realtà il ministero dell’Interno si era (oziosamente, a questo punto possiamo concludere) già intrattenuto sulla questione dell’arma “personale” per gli operatori ormai tre anni fa (appunto in concomitanza con la “direttiva Minniti”), con un comunicato dell’ufficio per gli affari della polizia amministrativa e sociale del 27 settembre 2016 nel quale, a fronte del fatto che non riteneva vi fossero “preclusioni in via generale” sulla possibilità di consentire agli operatori delle forze dell’ordine di portare fuori servizio un’arma personale più occultabile rispetto a quella d’ordinanza, si avanzavano tuttavia una serie di eccezioni a dir poco paradossali, tra le quali il fatto che il ministero medesimo si sarebbe dovuto intrattenere anche sulle caratteristiche delle armi personali degli operatori, con riferimento al “calibro massimo” ammesso (non sia mai che al criminale gli si faccia la bua…) e alla “tracciabilità” del munizionamento.
Risultato: tre anni persi a intrattenersi sul nulla, e nel frattempo gli operatori lasciano la pistola a casa. E muoiono…