Sarebbero 40 i preti-cacciatori e in calo, secondo una nota dell’Associazione italiana difesa animali e ambiente, grazie a un intervento “informale” di papa Francesco… Ma nessuna religione proibisce la caccia!
L’Associazione italiana difesa animali e ambiente (Aidaa) è solita lanciarsi contro la caccia in modo “creativo” oltreché del tutto discutibile. In una nota di qualche giorno fa ci fa sapere, sulla base di non meglio precisate fonti che “a poche settimane dall’inizio della nuova stagione della caccia pare siano meno di 40 i preti che hanno rinnovato la licenza di caccia con una diminuzione del 70% rispetto a soli 3 anni fa”.
“Mancano ancora un po’ di giorni alla nuova stagione di caccia, ma pare che le richieste di rinnovo dei preti cacciatori siano davvero in forte diminuzione”, riferisce Lorenzo Croce, presidente di Aidaa, “sia a causa della loro età avanzata ma anche al discreto intervento di alcuni vescovi che li avrebbero dissuasi a riprendere in mano le armi per sparare ad altre creature di Dio”.
Prosegue il comunicato di Aidaa: “Ne avevamo parlato in passato del fenomeno dei preti cacciatori, circa duecento in tutta Italia, almeno stando ai dati riferibili alla stagione di caccia 2014-2015. La figura del prete cacciatore, una figura particolarmente odiosa non solo per gli amanti degli animali ma in generale per la grande maggioranza di fedeli cattolici che ritengono inconcepibile che un sacerdote predichi l’amore dal pulpito e che poi una volta smessi i panni del sacerdote imbracci un fucile per andare a sparare agli uccellini o ai cinghiali. Venne poi la storia di don Luciano Bardesone il parroco cacciatore e amante delle armi di Lusigliè in provincia di Torino che aveva in casa diversi fucili e al quale furono rubate due pistole durante una rapina in canonica, che portò alla luce del sole la presenza di questi preti dal grilletto facile”.
Conclude l’associazione animalista: “Ora pare che anche grazie a un intervento informale di papa Francesco sui vescovi delle diocesi dove maggiore è la presenza dei preti cacciatori che ha ricordato come sia buona cosa che i preti lascino perdere la pratica della caccia”.
Occorre ricordare, all’Aidaa, a Croce e a tutti gli altri animalisti che nessuna delle grandi confessioni ancora proibisce la caccia, a condizione che venga praticata in modo naturale e senza arrecare ingiuste sofferenze agli animali. Lo spiega approfonditamente al sito Aleteia padre Mauro Cozzoli, professore di Teologia morale presso la Pontificia Università Lateranense. “C’è una caccia che è fortemente abusiva, che non tutela gli animali, che li sfrutta e che arriva persino a non curarsi dell’estinzione di alcune specie. Questo è inaccettabile. Però sappiamo pure che c’è anche una caccia che è a tutela degli equilibri ambientali: per esempio, io conosco situazioni in cui alcune specie, ad esempio i cinghiali, si riproducono in maniera incontrollata e poi calano di notte e distruggono i raccolti. La caccia dei cinghiali in questo caso, ad esempio, ha una funzione di tutela”.
Poi, Cozzoli aggiunge, riprendendo il gesuita tomista del Novecento Viktor Katherin: “Le equiparazioni animalistiche arrivano a parlare persino di diritti degli animali. Ma la nozione di diritto appartiene alla persona: è soggetto di diritto chi allo stesso tempo è soggetto al dovere. L’animale non ha diritti perché non assume doveri. Da questo punto di vista dobbiamo stare attenti alle parole: piuttosto che parlare di diritti dobbiamo parlare di “legittimi interessi” degli animali, di cui gli uomini si devono far carico per proteggerli”.
Civiltà Cattolica, l’autorevole rivista dei Gesuiti, ha sottolineato tempo fa i rischi di una filosofia che per innalzare i diritti degli animali riduce quelli degli uomini. C’è ancora spazio per la “sparate” di Croce e dell’Aidaa?