La caratteristica più distintiva delle armi moderne (intendendo con tale termine generico, grosso modo, tutto quanto sia stato prodotto negli ultimi 100 anni) è quella per cui uno degli elementi di identificazione di ogni singolo esemplare è la presenza del numero di matricola, che normalmente è presente sul telaio o carcassa o fusto dell’arma. In tempi più moderni, in ossequio alle normative europee per migliorare la tracciabilità delle armi, si è cominciato a matricolare non soltanto il telaio dell’arma, ma anche le altre componenti fondamentali, come l’otturatore e la canna, per di più obbligatoriamente in posizioni che risultino visibili anche ad arma montata. Ma questo non vale in assoluto per tutte le armi da fuoco presenti sul nostro territorio nazionale, perché sono previste in realtà numerose eccezioni. L’obbligo di matricolazione delle armi, in particolare, era già previsto dall’articolo 11 della legge 18 aprile 1975, n. 110 al momento della sua promulgazione, che al primo comma, stabiliva: “Sulle armi comuni da sparo prodotte nello Stato devono essere impressi in modo indelebile ed a cura del produttore, la sigla od il marchio, idonei ad identificarle nonché il numero di iscrizione del prototipo o dell’esemplare nel catalogo nazionale ed il numero progressivo di matricola. Un numero progressivo deve, altresì, essere impresso sulle canne intercambiabili di armi”. L’ottavo comma dello stesso articolo prescriveva inoltre che, entro il termine di un anno dalla data di inizio delle operazioni di catalogazione (data prescritta da un apposito decreto ministeriale secondo l’articolo 7 della legge 110/75), “debbono essere presentate al Banco nazionale di prova o alle sue sezioni, ove mancanti del numero di matricola, per l’apposizione di quest’ultimo a norma del quinto comma: le armi comuni da sparo prodotte nello Stato o importate prima dell’entrata in vigore della presente legge, con esclusione di quelle prodotte o importante anteriormente al 1920; le armi portatili da fuoco di cui al precedente articolo 1 (armi da guerra o tipo guerra, ndr) appartenenti a privati di cui è consentita la detenzione”.
Da quanto esposto, si evidenzia quanto segue: dall’entrata in vigore della legge 110/75, tutte le armi prodotte in Italia o importate da quel momento in avanti devono avere determinati contrassegni, costituiti da sigla o marchio del produttore, numero di catalogo nazionale e matricola. Questi contrassegni devono semplicemente essere impressi in modo “indelebile”, ma non è specificato l’obbligo di punzonarle su una parte fondamentale dell’arma o specificamente sul telaio, né è specificato l’obbligo che tali contrassegni siano posizionati in un punto visibile ad arma montata. Devono, inoltre, essere punzonate con una matricola, le canne intercambiabili (cioè per le quali è prevista una dotazione di tipologie differenti per lunghezza, grado di strozzatura eccetera, non basta che siano semplicemente smontabili dall’arma). Per quanto riguardava invece le armi già presenti sul territorio nazionale all’entrata in vigore della legge 110/75, si è prevista l’apposizione del solo numero di matricola, ma solo per le armi di produzione o importazione successiva al 1920 (data di effettiva entrata in funzione del Banco di prova). Non è stato, invece, previsto alcun obbligo di apposizione retroattiva di un numero di matricola sulle canne intercambiabili prodotte antecedentemente all’entrata in vigore della legge.
La riforma del 2010
Con il decreto legislativo 204 del 2010, che ha dato attuazione alla direttiva europea 2008/51, il primo comma dell’articolo 11 della 110/75 è stato modificato come segue: “Sulle armi prodotte, assemblate o introdotte nello Stato, devono essere impressi, in modo indelebile, in un’area delimitata del fusto, carcassa o castello o di una parte essenziale dell’arma, di cui all’articolo 1-bis, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 527, ed a cura del fabbricante o dell’assemblatore, il nome, la sigla od il marchio del fabbricante o assemblatore, l’anno e il Paese o il luogo di fabbricazione e, ove previsto, il numero di iscrizione del prototipo o dell’esemplare nel catalogo nazionale, nonché il numero di matricola. Un numero progressivo deve, altresì, essere impresso sulle canne intercambiabili di armi. Il calibro deve essere riportato almeno sulla canna. Ogni marcatura deve essere apposta su una parte visibile dell’arma o facilmente ispezionabile senza attrezzi. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 32, nono e decimo comma, è consentita la sostituzione della parte di arma su cui è stata apposta la marcatura qualora divenga inservibile, per rottura o usura, previo versamento per la rottamazione della stessa, a cura dell’interessato, alla competente direzione di artiglieria. L’area dell’arma riservata alla marcatura non può recare ulteriori o diversi segni identificativi o distintivi dell’arma stessa. A cura del Banco nazionale di prova deve essere apposta la sigla della Repubblica Italiana e l’indicazione dell’anno in cui è avvenuta l’introduzione dell’arma nel territorio nazionale, salvo che tali indicazioni siano già state apposte da altro Stato membro dell’Unione europea. L’area dell’arma riservata alla marcatura non può recare ulteriori o diversi segni identificativi o distintivi dell’arma stessa”.
Da quel momento in avanti, quindi, è previsto specificamente che i marchi distintivi dell’arma (in primis la matricola) siano apposti non solo in modo indelebile, ma anche sul fusto o su una parte essenziale dell’arma. Inoltre viene aggiunto l’obbligo di indicare il calibro dell’arma, quantomeno sulla canna, e le marcature devono essere apposte in una parte visibile dell’arma o facilmente ispezionabile senza attrezzi. Il decreto legislativo 204 del 2010 non ha, tuttavia, previsto (ovviamente) alcuna retroattività alla norma che, quindi, riguarda solo ed esclusivamente le armi prodotte o importate a partire dall’entrata in vigore del provvedimento (1° luglio 2011). Quindi, per le armi prodotte o importate antecedentemente, non vige alcun obbligo di adeguamento.
La riforma del 2018
In conseguenza dell’approvazione, in sede europea, della direttiva 2017/853, è stato promulgato in Italia il decreto legislativo n. 104 del 2018, che ha ulteriormente modificato il primo comma dell’articolo 11, come segue: “Sulle armi prodotte, assemblate o introdotte nello Stato, deve essere impressa, senza ritardo, a cura del fabbricante, dell’assemblatore o dell’importatore una marcatura unica, chiara e permanente, dopo la fabbricazione, l’assemblaggio, o l’importazione. Tale marcatura, contenente il nome, la sigla o il marchio del fabbricante o dell’assemblatore, il Paese o il luogo di fabbricazione o assemblaggio, il numero di serie e l’anno di fabbricazione o assemblaggio, qualora lo stesso non faccia parte del numero di serie e, ove possibile, il modello, deve essere impressa sul telaio o sul fusto o su un’altra parte dell’arma, di cui all’articolo 1-bis, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 527. Può, altresì, essere apposto il marchio del produttore. Nel caso in cui una parte dell’arma sia di dimensioni troppo ridotte per essere provvista della marcatura in conformità del presente articolo, essa è contrassegnata almeno da un numero di serie o da un codice alfanumerico o digitale. Un numero progressivo deve, altresì, essere impresso sulle canne intercambiabili di armi. Il calibro deve essere riportato almeno sulla canna. Ogni marcatura deve essere apposta su una parte visibile dell’arma o facilmente ispezionabile senza attrezzi. A cura del Banco nazionale di prova deve essere apposta la sigla della Repubblica italiana e l’indicazione dell’anno in cui è avvenuta l’introduzione dell’arma nel territorio nazionale, salvo che l’indicazione dello Stato membro dell’Unione europea importatore e l’anno di importazione siano già stati apposti dal medesimo Stato membro dell’Unione europea. Nei trasferimenti di armi da fuoco o delle loro parti dalle scorte governative ad usi permanentemente civili, le armi sono provviste della marcatura unica, ai sensi del presente comma, che consente di identificare l’ente che effettua il trasferimento”.
Anche in questo caso, ovviamente, la norma non è retroattiva, quindi a essere interessate dall’obbligo sono solo ed esclusivamente le armi prodotte dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo in questione (14 settembre 2018).