Pochi ne parlano, ma uno degli aspetti più critici della legittima difesa sono i costi della giustizia, che possono rovinare una famiglia… anche se alla fine si viene prosciolti
Sono ormai anni che si dibatte su una nuova normativa in materia di legittima difesa. Uno degli aspetti, però, trattati meno di frequente che riguarda la criticità dell'attuale normativa non riguarda la tanto problematica "proporzionalità" tra difesa e offesa, né l'eccesso colposo: riguarda, molto banalmente, i soldi. Con l'attuale normativa, infatti, colui il quale è costretto a far uso di un'arma per difendere l'incolumità propria o dei propri cari tra le mura domestiche deve mettere in conto, dal giorno dopo, di "investire" (a fondo perduto, s'intende) alcune decine di migliaia di euro di spese processuali. Infatti, secondo uno studio che fu realizzato lo scorso anno da Il Giornale, i recenti casi di cronaca nei quali è stata riconosciuta la scriminante della legittima difesa è comunque costata molto cara agli indagati: nel caso di Graziano Stacchio, il benzinaio che sparò ai rapinatori per proteggere dipendente e proprietario di una gioielleria, gli euro andati via in spese legali sono stati circa 40 mila, una cifra di tutto rispetto specialmente se si considera che al Vicentino coinvolto suo malgrado in questa brutta vicenda è andata, comunque, relativamente bene in quanto è stata richiesta (e accolta) l'archiviazione prima di dover affrontare i costi di un intero processo. Costi che, secondo quanto dichiarò a suo tempo Francesco Sicignano, il pensionato di Vaprio d'Adda anch'egli prosciolto da ogni addebito, nel caso in cui si fosse dovuti arrivare fino a una sentenza vera e propria, sarebbero stati preventivati in non meno di 120 mila euro. Questi costi sono dovuti sia ovviamente agli onorari da corrispondere agli avvocati, sia alle spese collegate con l'evidente necessità di farsi assistere anche da consulenti tecnici in materia balistica, allo scopo di affiancare l'operato degli specialisti delle forze dell'ordine e/o dei consulenti nominati dalla procura o periti nominati dal giudice.
In Italia, come anche in altri Paesi, è peraltro previsto che si possa avere diritto al gratuito patrocinio: ovvero, che sia lo Stato a farsi carico delle spese legali per la difesa dell'indagato o dell'imputato (o anche del danneggiato da un reato che intenda costituirsi parte civile, per esempio). Il problema è che il limite di reddito previsto per accedere al gratuito patrocinio, oggi, è semplicemente ridicolo, risultando pari a un imponibile lordo di 11.493,82 euro, più 1.032,91 euro per ciascun famigliare convivente. Ovviamente il limite di reddito si intende complessivo per il nucleo famigliare. Da quanto esposto, per fare un esempio, risulta che un operaio che porta a casa uno stipendio netto di 900 euro al mese, non ha diritto al gratuito patrocinio: per lo Stato è "ricco" e, quindi, può tranquillamente sostenere i 40, 50 mila o più euro di spese legali.
Tra coloro i quali hanno considerato questo problema e hanno provato a porvi rimedio, c'è uno dei disegni di legge in assoluto più criticati sulla materia, approvato dalla Camera nella precedente legislatura, cioè il ddl Ermini, presentato dal Pd, che prevedeva l'istituzione di un fondo a livello nazionale proprio per riconoscere il risarcimento delle spese legali a chi sia stato riconosciuto rientrare nella scriminante della legittima difesa. Occorre anche ricordare che alcune regioni prevedono fondi di questo genere per il risarcimento e l'assistenza legale dei cittadini: tra queste figura la Lombardia, che mette a disposizione fino a un massimo di 30 mila euro per ciascun procedimento. Anche il Veneto aveva cercato di realizzare una iniziativa analoga, bocciata però dalla Corte costituzionale perché si prevedeva che potessero accedere al rimborso solo i cittadini residenti da almeno 15 anni nella regione.