All'indomani della strage compiuta all'interno del Palazzo di giustizia di Milano, tornano alla ribalta i soliti triti discorsi sulle "troppe armi in circolazione". Vuoi vedere che, alla fine, sarà il popolo degli appassionati d'armi a pagare il conto?
Emblematico (ma non unico) della situazione post-strage, è l'articolo di Giorgio Beretta pubblicato su unimondo.org, nel quale, come per magia, si realizza la perfetta sincronia tra le lamentazioni "di default" sulle troppe armi in circolazione e sulla mitologica "lobby delle armi" (a proposito, se la conoscete, la presentereste anche a noi?), e una scandalosa (ed evidentemente pilotata) campagna a sostegno dei recentissimi emendamenti integrati nel progetto di conversione in legge del decreto "antiterrorismo" n. 7/2015, sui caricatori ad alta capacità e sulle armi "di aspetto militare".
Quindi, nel caso non lo aveste compreso, la causa unica della strage al tribunale di Milano sono le "armi facili". Non che in un Tribunale possano entrare soggetti armati senza gli opportuni controlli, non che in un Palazzo di giustizia tra i più importanti d'Italia, nel quale si sono celebrati e si celebrano processi a politici di primo piano, a esponenti della criminalità organizzata eccetera, non esistano tornelli comandati da badge o altri sistemi tecnologici per l'accertamento dell'identità personale dei magistrati e avvocati che vi lavorano. No, tranquilli, la colpa è delle pistole.