L’esproprio delle concessioni agricole e venatorie nel Paese africano da parte di Mugabe ha ridotto economia ed ecosistemi al lumicino. Il nuovo presidente annuncia l’inversione di rotta
Qualunque appassionato di caccia grossa africana conosce benissimo il destino che ha avvolto lo stato dello Zimbabwe negli ultimi 30 anni. Il presidente Robert Mugabe, dopo aver preso in mano il governo alla fine della guerra di liberazione o indipendenza, ha attuato nel tempo politiche fallimentari affidate oltretutto a gente incompetente e impreparata. Lo Zimbabwe, per decenni, è stato il più bello Stato africano sotto tutti i punti di vista: era il maggior produttore di tabacco al mondo e anche chiamato il granaio dell’Africa, aveva i parchi più belli, organizzati, esclusivi del pianeta. Una fauna abbondantissima popolava le tantissime concessioni di caccia sparse in tutto lo Stato, affidate alle comunità bianche che gestivano il tutto dando lavoro qualificato a tutta la popolazione nera. Noi abbiamo seguito per motivi venatori e di turismo il declino di questa bellissima nazione. Dal 2000, con la riforma agraria, abbiamo visto sterminare con rammarico per bracconaggio incontrollato, o bush meat, da parte dei locali ridotti alla fame da queste scelte del governo, popolazioni numerosissime di elefanti, leoni, rinoceronti, tutte le specie di antilopi eccetera. Le varie concessioni di caccia furono man mano espropriate ai bianchi: per raccogliere consensi elettorali, e calmare le proteste diventate sempre più violente, anche le terre agricole furono sottratte ai bianchi e gettate nell’incompetenza e nella disorganizzazione di nuovi proprietari politici e militari facenti parte dell’entourage di Mugabe. Nel tempo tutto è precipitato e l’inflazione è arrivata a termini da capogiro addirittura sfiorando record mondiali. Adesso il nuovo presidente Emmerson Mnangagwa (in foto) ha espresso la volontà di risarcire i bianchi con 3,5 miliardi di dollari. Non solo: il neo ministro dell’agricoltura, Perence Shiri, ha annunciato l’evacuazione da tutti i territori di coloro che se ne sono impossessati abusivamente e che gli stessi dovranno essere restituiti ai legittimi proprietari che le avevano prima. Questa è la volontà dell’attuale governo per rilanciare l’economia principalmente agricola se si vuole, testuali parole, rimettere lo Zimbabwe nell’economia mondiale come uno Stato nuovamente efficiente ed economicamente vivibile. Il razzismo al contrario non ha funzionato e speriamo lo Stato rinasca, anche se intravediamo difficoltà e tempi non brevi, seppur questa volta con il conforto di una comunione di lavoro e intenti tra bianchi e neri. È necessario sottolineare come i tempi della politica di gestione venatoria pre-Mugabe avessero consentito una eccellente conservazione ambientale e della biodiversità, che le politiche dissennate del presidente hanno invece ridotto al lumicino. È un messaggio forte, diretto ai tanti animalisti mondiali da salotto che hanno assistito soddisfatti al declino della caccia in Zimbabwe, che ha trascinato però sempre più giù l’economia e conseguentemente anche la conservazione delle specie animali. Senza contare la povertà devastante in cui sono state fino adesso le popolazioni locali.