La relazione trasmessa dal governo alla presidenza del Senato dello schema di decreto di “aggiornamento” del decreto 204/10 è semplicemente scandalosa per disinformazione e ipocrisia, allo scopo di nascondere il maldestro tentativo di riportare indietro di tre anni l’orologio del nostro tartassato settore.
Alcuni passaggi meritano un breve ma incisivo commento, a cominciare dal punto in cui si dice che il decreto “correttivo” sarebbe necessario per “corrispondere alle urgenti oggettive esigenze in una materia molto delicata per i correlati riflessi sulla sicurezza pubblica”. Ma quali? Dopo gli inevitabili, iniziali aggiustamenti, il Banco di prova sta governando la situazione con soddisfazione (tranne rari casi) da parte delle aziende produttrici/importatrici ma, soprattutto, senza che si sia verificato un solo caso di cronaca con protagoniste quelle armi che in vigenza del Catalogo nazionale erano state ostracizzate.
Nel commento al decreto si legge anche che il limite alla capacità dei caricatori (15 colpi per le pistole, 5 per le carabine) sarebbe giustificato dal fatto che già “nella vigenza del Catalogo, precludeva il riconoscimento come armi comuni da sparo”. Questa affermazione è semplicemente falsa, perché nella vigenza del Catalogo nazionale c’erano pistole catalogate con più di 15 colpi e carabine con più di 5 colpi. Solo negli ultimi anni, un ben noto dirigente del ministero aveva introdotto questo limite in modo del tutto personale e arbitrario, malgrado ciò le pistole che già erano state catalogate con 17, 19 o più colpi hanno continuato a essere commercializzate senza che si verificasse un singolo fatto criminoso legato in qualsiasi modo alla capacità maggiore o minore dei caricatori.
L’intervento viene giustificato, sentite un po’, con il fatto che risponde a “precise finalità di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, si rende necessario per colmare le incertezze applicative conseguenti all’attribuzione al Banco nazionale di prova della competenza alla classificazione delle armi comuni da sparo, prima attribuita al Catalogo nazionale, senza disporre di alcun criterio valutativo ai fini della determinazione del “limitato volume di fuoco” richiamato dall’articolo 2, secondo comma, della medesima legge. L’intervento impedisce che armi d’assalto con un numero di colpi superiore, persino, a quelli in dotazione alle forze dell’ordine possano essere immesse sul mercato civile”.
Questo inciso è un concentrato di falsità! Prima di tutto, l’articolo 2 della legge 110/75 fa riferimento alla “limitata capacità di fuoco” solo per quanto riguarda le armi lunghe camerate per calibri da guerra; in secondo luogo, già il Banco nazionale di prova ha limitato la capacità di fuoco di queste armi, rendendola inferiore a quella delle armi in dotazione alle forze dell’ordine. Quindi, la norma (oltre che assurda) è perfettamente inutile. Ancor più inutile perché, prevedendo una deroga per le armi sportive, non impedisce in alcun modo la circolazione di “armi d’assalto con un numero di colpi superiore alle forze dell’ordine”. E senza dimenticare che si sconfessa lo stesso decreto 204, che ha stabilito che il caricatore non è una parte fondamentale d'arma!
La perla finale: nella relazione si specifica che “nelle more dell’adozione del decreto da parte del ministro della Salute, di concerto con il ministro dell’Interno, che non è ancora stato adottato”, si prevede l’obbligo per i meri detentori di armi di presentare una tantum un certificato medico dopo l’entrata in vigore del decreto correttivo. Altro abuso, visto che il decreto 204 già prevede l’obbligo per i meri detentori di armi di presentare un certificato medico ogni sei anni.