Le moderne cartucce a bossolo metallico possono durare decenni, ma alcune cattive abitudini possono minarne la vita in modo determinante. Quali?
Quanto dura una cartuccia? Un 9×21 di 15 anni fa o un calibro 12 di trent’anni fa sono ancora sicuri da sparare? Oppure no? Quali sono i segnali che possono, o dovrebbero, far sospettare che qualcosa non va?
Come al solito, non esiste la risposta “assoluta” a questa domanda, ma per cercare di dare comunque una indicazione pratica possiamo dire che vi sono, per fortuna, alcuni elementi di buona prassi che possono consentire alle cartucce di preservare intatta, o quasi, la loro efficacia per molti anni.
Oggi come oggi, o meglio dagli ultimi centotrent’anni circa, le cartucce per armi portatili utilizzano un componente magico, il bossolo, che oltre a contenere tutti gli altri elementi costitutivi della cartuccia (palla, polvere, innesco, borra per le cartucce a pallini e così via), li protegge dalle intemperie. Questo fa sì che una cartuccia, se correttamente conservata, può mantenersi in condizioni di efficienza per molto, molto tempo: in condizioni ideali di conservazione, si possono regolarmente sparare munizioni anche risalenti al periodo precedente alla seconda guerra mondiale, senza alcun rischio per l’incolumità propria o dell’arma. Ma qual è questa “condizione ottimale”? Molto semplicemente, la medesima di ogni altro oggetto delicato (come può essere un dispositivo elettronico…): evitare sbalzi troppo estremi di temperatura e umidità eccessiva, quindi tenere le cartucce in un luogo fresco e asciutto, lontano da fonti di calore (calorifero, camino…) e dalla luce diretta del sole.
In linea di principio, le cartucce che danno maggiori garanzie di durata sono quelle a bossolo completamente metallico (cioè, per semplificare, quelle per pistola o carabina): le cartucce per fucile a pallini, sia con bossolo in metallo e cartone, sia in metallo e plastica, offrono in questo senso una sicurezza meno assoluta. Ovviamente le cartucce calibro 12 con bossolo in cartone sono quelle che maggiormente possono risentire di condizioni ambientali avverse, perché il cartone, anche se oggi è trattato in modo da avere caratteristiche di impermeabilità, in realtà alla lunga assorbirà l’umidità e quest’ultima può giungere infine alla polvere e/o all’innesco, compromettendone le caratteristiche. Anche per quanto riguarda le cartucce a pallini con tubo in plastica, comunque, la perfetta tenuta stagna è garantita abbastanza di rado, in quanto la chiusura stellare spesso non presenta una termosaldatura del forellino centrale e, di conseguenza, da lì può infiltrarsi eventualmente l’umidità. Di certo c’è, comunque, che una cartuccia con tubo in plastica e coppetta otturatrice o borra in plastica, è capace senz’altro di mantenersi più efficacemente di una cartuccia a pallini con borra in feltro e tubo in cartone. Come si fa ad accorgersi se una cartuccia a pallini è stata sottoposta a condizioni ambientali non ottimali? Che abbia tubo in cartone o in plastica, in questi casi un buon indicatore è costituito dal fondello metallico: se presenta ossidazioni a chiazze scure o ancor peggio verdastre o se addirittura manifesta ruggine (oggi in molti casi il fondello non è in ottone puro, ma in ferro placcato d’ottone), è preferibile astenersi dall’uso, perché facilmente anche la polvere e l’innesco avranno subìto una degradazione.
Le cartucce a bossolo metallico possono “quasi” definirsi a tenuta stagna, nel senso che il bossolo in ottone o ferro isola in modo quasi totale la polvere e la miscela innescante dall’ambiente esterno. Il “quasi” è determinato dal fatto che rimane una seppur minima area critica, costituita dalla giunzione tra l’innesco e il fondello del bossolo e tra il bordo del bossolo e la circonferenza del proiettile. Attraverso queste due giunzioni, pur presentando tolleranze infinitesimali, possono infiltrarsi acqua o altri prodotti, capaci di alterare le caratteristiche della polvere e della miscela innescante. È per questo motivo che soprattutto le munizioni militari, ma anche taluni lotti di cartucce civili, presentano il bordo dell’innesco ricoperto con speciali vernici a smalto, e allo stesso modo il proiettile, prima di essere inserito nel bossolo, viene ricoperto nella parte inferiore con una speciale vernice asfaltica (la funzione di tale vernice è anche quella di ottimizzare l’intasamento della combustione della polvere nella prima fase dell’accensione).
Con l’aggiunta delle vernici speciali sigillanti, la cartuccia a bossolo metallico è quindi diventata eterna? Sì e no. In effetti la tenuta stagna del bossolo assicura che polvere e innesco possano mantenersi inalterati per decenni, al limite anche oltre il secolo di vita, ma questo non significa che una cartuccia così vecchia sia ancora oggi sicura da sparare. Perché oltre al contenuto, anche il contenitore è importante! Cioè il bossolo che, spesso e volentieri, è realizzato in ottone, materiale comunque soggetto all’ossidazione, anche se molto meno rispetto ad altri metalli. Ma quando, in definitiva, l’ossidazione del bossolo può diventare pericolosa? Be’, un semplice scurimento della superficie, anche se cospicuo, ma omogeneo, non è praticamente mai indice di pericolosità. La faccenda cambia, e molto, se invece di un viraggio di colore uniforme, si riscontrano chiazze brunastre o, peggio, verdastre o biancastre (tipo “verderame”). In tal caso, l’ossidazione può aver intaccato addirittura la struttura cristallina della lega, indebolendo il bossolo che quindi, allo sparo, può fessurarsi o rompersi, con conseguente pericolosa proiezione dei gas verso il tiratore. Il grado di intaccamento della struttura cristallina del bossolo può essere dimostrato con facilità lucidando le macchie verdastre con una paglietta fine per i piatti: se dopo la lucidatura il metallo appare del suo normale colore giallo, allora l’intaccatura è stata lieve (ma comunque conviene non utilizzare tali cartucce); nei casi più gravi, dopo la ripulitura dal verderame, la zona si presenta rossiccia e addirittura ci può essere una discontinuità rispetto alle superfici circostanti (l’area ossidata appare incavata o in rilievo).
L’umidità, da sola, può metterci molti anni prima di causare a un bossolo danni così evidenti da consigliare di non sparare la cartuccia. In alcuni casi, tuttavia, l’azione dell’umidità può essere accelerata, paradossalmente da un ingrediente che si ritrova spessissimo (anzi praticamente sempre) insieme alle munizioni: cioè… la loro scatola in cartone! Il cartone infatti, contiene tannini che, in presenza di umidità anche minima, possono aggredire l’ottone del bossolo, causando ossidazioni dopo pochi anni dalla produzione. Queste ossidazioni sono, normalmente, molto più superficiali rispetto a quelle appena descritte e nella maggior parte dei casi non sono tali da compromettere le caratteristiche fisiche del bossolo, ma per precauzione è bene comunque non sparare quelle cartucce che presentino placche scure molto estese e resistenti. Occorre anche dire che, per fortuna, oggi la maggior parte dei produttori realizza cellette in plastica porta munizioni conformate in modo tale da evitare il contatto diretto tra il bossolo e la parete in cartone della scatola, eliminando così il problema alla radice.
Un elemento spesso poco considerato dagli utenti è quello dell’eterno conflitto tra le cartucce e i prodotti lubrificanti o detergenti per armi. Spesso si pensa che una bella spruzzata di olio per armi sulle cartucce le faccia “funzionare meglio”, mentre invece nella maggior parte dei casi può causare solo problemi. Innanzi tutto, lubrificare il bossolo spesso e volentieri può portare a un aumento delle pressioni nella camera di scoppio, perché il prodotto interferisce con la normale dilatazione del bossolo allo sparo (i liquidi sono incomprimibili, ce lo dice la fisica). Ma oltre al problema di “breve periodo”, c’è anche da considerare il problema di medio o lungo periodo: i lubrificanti per armi sono progettati per penetrare dentro i più piccoli interstizi! E quindi, possono penetrare nella giunzione tra palla e bossolo o tra bossolo e innesco, e compromettere l’efficienza della polvere o della miscela innescante. Per questo motivo, è sempre bene assicurarsi che la faccia dell’otturatore sia asciutta e che, soprattutto, non vi sia alcuna traccia di lubrificante all’interno del caricatore. I caricatori ovviamente devono essere puliti all’interno, ma asciutti, non c’è alcuna ragione per lubrificare l’interno di un caricatore.
I tumbler (buratti) sono ampiamente diffusi e utilizzati per lucidare i bossoli prima di procedere alla loro ricarica. Voler strafare, ovvero buttare nel tumbler le cartucce cariche per dargli “l’ultima lucidata”, può essere potenzialmente pericoloso: il movimento sussultorio e rotatorio del tumbler, infatti, può nei casi più gravi spezzare o comunque disgregare i granelli di polvere, ma anche quando l’azione non sia così veemente, il buratto può far sì che il rivestimento grafitato dei granelli di polvere si distacchi dalla polvere medesima e si depositi sulle pareti interne del bossolo. In un caso come nell’altro, le caratteristiche combustive della polvere possono modificarsi, con effetti anche drammatici.
Nonostante i “caveat” di cui sopra, occorre ribadire e sottolineare che una cartuccia ben conservata, anche se realizzata cinquanta o settant’anni fa, è ancora oggi perfettamente in grado di svolgere il proprio lavoro con efficienza. La prova provata di quanto stiamo dicendo è data dal fatto che sul mercato commerciale si trovano munizioni per carabine ex ordinanza, come le 8x50R o le 8x56R, che sono state prodotte prima della seconda guerra mondiale e, nonostante questo, vengono comunemente vendute nelle armerie, per essere sparate al poligono. Occorre, tuttavia, considerare che la vendita al pubblico è il passo finale di un procedimento di controllo molto rigoroso che viene fatto a monte, nel quale si verificano attentamente le caratteristiche chimico-fisiche del bossolo, del propellente e dell’innesco. Le cartucce trovate in soffitta nella baita del nonno, invece, ovviamente non subiscono un controllo professionale di questo tipo, quindi… non usatele nelle vostre armi! Il consiglio è tanto più importante, in particolare, per le munizioni tedesche della seconda guerra mondiale con bossolo in ferro: infatti, le polveri utilizzate dai tedeschi in quel periodo spesso intaccano le pareti interne del bossolo innescando fenomeni corrosivi anche drammatici, capaci cioè di indebolire in modo determinante la struttura delle pareti. In altre parole: la cartuccia dal di fuori sembra nuova, mentre dentro è distrutta. Il problema non riguarda le munizioni in ferro prodotte nel dopoguerra dai vari Paesi.