Il deputato di +Europa Riccardo Magi, lo scorso 16 novembre ha presentato alla camera il ddl n. 3369 che, in nome di una sicurezza pubblica a fronte di una millantata (ma tutt’altro che reale) situazione emergenziale di delitti commessi con armi legalmente detenute, prevederebbe di introdurre fortissime limitazioni alla detenzione di armi e di munizioni da parte dei cittadini italiani. Tanto forti che, se entrassero in vigore, renderebbero pressoché impossibile non soltanto l’esercizio della difesa personale, ma anche l’attività sportiva con armi da fuoco. Al di là dei contenuti specifici del ddl, improntati oltre a un evidente pregiudizio nei confronti della categoria dei legali detentori, anche a una marchiana superficialità nella conoscenza della materia, ciò che sorprende un tantino è il colossale, titanico doppiopesismo nel proporre misure nei confronti della legale detenzione di armi rispetto ad altre materie, diciamo così, più care al deputato, come per esempio la legalizzazione della cannabis. In effetti è stato proprio Magi uno dei promotori della recente raccolta di firme per l’indizione di un referendum per la depenalizzazione della cannabis e queste sono state le sue parole al riguardo (fonte La Repubblica): “È un grande tema sociale che coinvolge 6 milioni di consumatori e tocca il tema della lotta alle mafie, delle carceri sovraffollate, dei tribunali soffocati dai processi, della salute dei cittadini, dell’informazione sulle sostanze, dello scandalo sanitario sulla mancanza di dosi per chi ne fa uso terapeutico”. In particolare, sul quesito referendario Magi ha precisato che lo scopo è “rimuovere le pene detentive per tutte le condotte legate alla cannabis, che tra l’altro ingolfano le carceri, e cancellare la sanzione amministrativa della sospensione della patente per chi detiene cannabis per uso personale, che non ha niente a che fare con il ritiro della patente per guida sotto sostanze stupefacenti che invece resta e siamo convinti debba restare”.
Facciamo due conti
Partiamo dall’inizio, cioè dal preambolo del ddl firmato dallo stesso Magi per “spezzare le reni” ai legali detentori di armi: una misura fortemente impattante come il divieto di detenzione di armi di categoria non conforme alla propria autorizzazione (quindi chi ha il porto per Tiro a volo potrà detenere solo armi sportive, i cacciatori solo armi da caccia e così via) e il divieto di detenzione del relativo munizionamento, al di là degli enormi (anzi, pressoché insormontabili) problemi pratici, logistici, giuridici e persino costituzionali, è stato studiato a fronte (parole del deputato, non nostre) di una incidenza di omicidi commessi con armi legalmente detenute pari a 131 nel triennio compreso tra il 2017 e il 2019. Dando per non affidabile il dato a suo tempo diffuso dal ministero secondo il quale in Italia vi siano 4 milioni di legali detentori di armi, concentriamoci esclusivamente su coloro i quali hanno un porto d’armi in corso di validità (ben sapendo che vi sono migliaia se non centinaia di migliaia di persone che non hanno un porto d’armi in corso di validità ma detengono armi). Il dato dei titolari di porto d’armi, sempre secondo il ddl Magi, è di 1,3 milioni. Ora, se in 3 anni ci sono stati 131 omicidi con armi legali, la media annua è di 43,6 omicidi che, a fronte di 1,3 milioni di porti d’arma, dà come risultato una incidenza di 0,0033 omicidi per ogni 100 porti d’arma. Se si vuol dare credito ai 4 milioni citati a suo tempo dal ministero, l’incidenza scende ulteriormente allo 0,00109 per ogni 100 legali detentori.
Facciamo ora un’altra proporzione (fonte Agi e Istat), relativa all’incidenza di sinistri stradali con lesioni a persone, legati alla guida in stato di alterazione da sostanze stupefacenti: sarà forse interessante notare che nel 2019 è risultata pari a 1,4 ogni 100 incidenti, ma il dato forse più significativo è che nel 2001 era solo pari allo 0,1 ogni 100 incidenti, quindi con una crescita, in un ventennio, pari a circa quindici volte. Per fare un paragone, l’incidenza di sinistri sotto l’effetto di alcool è passata da 1,2 ogni 100 a “solo” 4,0.
Se si considera, in valore assoluto, che gli incidenti con lesioni a persone nel 2019 sono stati 223.400, si parla di poco meno di 3.200 persone ferite (alcune di esse mortalmente) a causa della combinazione tra droga e guida di veicoli a motore. A noi tutto sommato sembra che l’incidenza, sia in valore assoluto sia in percentuale, tra i due fenomeni sia decisamente emblematica: da una parte, a fronte di numeri obiettivamente infinitesimali (che non vuol dire che non possano essere ulteriormente ridotti, sia chiaro), cioè quelli degli omicidi con armi legalmente detenute in rapporto al quantitativo di detentori, si parla di azzerare sostanzialmente un intero settore; dall’altra parte, a fronte di numeri obiettivamente preoccupanti (non è un caso che proprio la guida in stato di alterazione da sostanze stupefacenti o alcool sia stata inserita nella nuova fattispecie penale dell’omicidio stradale, richiesta a gran voce dalla politica a causa del moltiplicarsi di fenomeni drammatici) la posizione del deputato è quella tale per cui è opportuna una liberalizzazione e, a fronte della conclamata detenzione di sostanze stupefacenti, non sia necessaria la sospensione della patente (come oggi previsto), bensì solo eventualmente il ritiro se si viene “beccati” alla guida in stato di alterazione. Peccato che, se il test antidroga viene fatto DOPO un incidente, magari mortale, sarà un po’ tardi per porre rimedio… A fronte di questa situazione, si può ben dire che il vecchio adagio “due pesi, due misure” risulti quantomeno eufemistico per riassumere l’approccio del parlamentare nei confronti del settore. E parallelamente, assume la forma di colossale presa in giro nei confronti dei cittadini.
Così, giusto per saperlo.