Nel Mantovano, un uomo uccide con armi da fuoco legittimamente detenute, ed è subito allarme “troppe armi in giro”. Il ritornello non cambia ma, ancora una volta, non riesce a centrare l’obiettivo: Omar Bianchera, l’autotrasportatore mantovano che domenica mattina ha ucciso tre persone per poi fuggire e costituirsi in serata, era in corso di separazione con la moglie, la quale sembra avesse appena vinto una causa e, quindi, fosse creditrice di una forte somma di denaro nei confronti dell’ex compagno, somma di cui lui non disponeva.
C’è già chi attribuisce alle “troppe armi” la responsabilità di quanto accaduto, come il sindacato dei funzionari di polizia, che torna sugli spalti chiedendo l’inasprimento della normativa in materia di armi. «La strage di Volta Mantovana deve sollecitare l’attenzione del Ministero dell’Interno a rivedere normative e circolari con la severità che si impone per evitare che in futuro si ripetano episodi simili. In particolare, occorre riformare il sistema delle visite mediche necessarie per la detenzione o per il rilascio di un porto d’arma a vario titolo», ha dichiarato il segretario nazionale dell’Anfp, l’Associazione nazionale funzionari di polizia, Enzo Marco Letizia.
Più concrete e logiche le conclusioni dell’Università statale di Milano, che in uno studio recentemente pubblicato ha evidenziato alcune lacune nelle procedure mediche per l’accertamento dei requisiti psicofisici per il rilascio del porto d’armi: «in caso di pazienti sottoposti a trattamento sanitario obbligatorio»,ha commentato Carlo Alfredo Clerici, ricercatore di Psicologia e uno dei coordinatori dello studio, «non vengono eseguiti controlli incrociati, e la procedura non prevede per esempio l’obbligo di segnalazione dal medico alla polizia. La seconda criticità riguarda i medici di base, che nella loro vita professionale vedono poche situazioni di rischio e non hanno molta formazione su questo campo. Se hanno un vago sospetto, dietro cui molte volte si nascondono le situazioni più gravi, spesso non sanno a chi riferire e cosa fare». Per quanto riguarda poi gli psicologi, che gestiscono anche situazioni di rischio, «a volte lamentano la mancanza di una formazione sufficiente e chiedono linee guida».
Sta di fatto che proprio nel caso specifico tutte le soluzioni prospettate sarebbero servite a poco:
L’uomo, infatti, non aveva mai dato segni di squilibrio che impedissero il rilascio del Porto d’armi, così come non esistevano denunce a suo carico, nè Bianchera era conosciuto come drogato. «Non mi sono drogato, sono pulito», ha mormorato lui dopo l’arresto, «ero solo molto stressato».
Le forze dell’ordine o i servizi sociali non si erano mai dovuti occupare di lui. Neppure la ex moglie, Daniela Gardoni, 43 anni, la prima delle sue vittime, si era mai rivolta ai carabinieri per denunciare eventuali persecuzioni del marito. Se in paese quindi giravano voci o preoccupazioni sul comportamento solitario e pericoloso di Bianchera, nulla si era mai concretizzato con segnalazioni alle forze dell’ordine. «Non c’era niente che facesse presagire questa strage» hanno detto gli investigatori.