Per la primo ministro neozelandese la colpa della strage è dei “fucili d’assalto”. In realtà sta emergendo che le cose stanno in modo ben diverso…
Dopo gli annunci demagogici e trionfalistici della primo ministro neozelandese, Jacinta Ardern, sulla messa al bando delle armi semiautomatiche “di aspetto militare” in tutto il Paese perché utilizzate dal gruppo di “suprematisti” guidato da Brendon Tarrant che pochi giorni fa ha ucciso 50 persone in due moschee, cominciano a emergere le prime indiscrezioni sui retroscena della procedura burocratica che ha consentito allo stesso Tarrant di ottenere la licenza valida per l’acquisto delle armi in questione. E, guarda caso, come già accaduto (purtroppo) in Italia nel 2003 con il caso Calderini, anche in questo caso emergono irregolarità e leggerezze da parte dell’autorità di pubblica sicurezza.
In particolare Joe Green, un ex addetto alla concessione delle licenze in materia d’armi ha dichiarato agli organi di stampa locali di essere venuto a conoscenza, tramite un suo collega, del fatto che per la concessione della licenza a Tarrant sarebbero numerose le cose irregolari riscontrate. In particolare, Tarrant non avrebbe richiesto la licenza nell’ufficio territorialmente competente secondo il suo indirizzo di residenza, che sarebbe stato quello di Dunedin, bensì a un altro, cioè quello di Waikato. Inoltre, il colloquio informativo che le autorità hanno svolto nei confronti di Tarrant non sarebbe stato condotto presso la sua abitazione, come invece prescritto dalla procedura (in molti casi l’appartamento del richiedente fornisce molte indicazioni sul suo stile di vita e, in definitiva, sul suo carattere). Infine, la procedura in vigore in Nuova Zelanda prevederebbe anche l’audizione di parenti o conoscenti del richiedente una licenza in materia di armi, ma anche in questo caso a quanto sembra le audizioni sarebbero state svolte in modo improprio, ovvero tramite una chat, o addirittura non sarebbero state effettuate del tutto.
Le competenti autorità hanno assicurato che approfondiranno la questione e verificheranno se effettivamente vi siano state leggerezze.
Sta comunque di fatto che il primo ministro della Nuova Zelanda, prima ancora di conoscere i fatti e soprattutto le cause vere che hanno portato un pazzo a disporre di armi (indipendentemente da quanto fossero “brutte”, “cattive” o “di aspetto militare”), ha già deciso di mettere al bando le armi medesime, dando prova di una demagogia politica di particolare ottusità. Solo intervenendo sulle falle che hanno consentito a uno squilibrato di armarsi, infatti, sarà possibile evitare il ripetersi di fatti luttuosi come questi, non certamente vietando una categoria di armi perché sono “nere” o “gialle” o “verdi”.