C’è un limite che fissa il confine tra la discrezionalità dell’autorità di pubblica sicurezza, e l’arbitrio. A quanto sembra, osservando la sentenza del Tar del Veneto (n. 01214/2021) sul primo dei ricorsi proposti in merito alla pretesa da parte della questora di Padova di obbligare i collezionisti a vendere il quantitativo di armi detenute eccedente i 100 esemplari, questo limite è stato superato.
I giudici hanno infatti accolto le ragioni del primo ricorrente, annullando il provvedimento impositivo della questura. In particolare, il Tar ha osservato che “nella fattispecie in esame il ricorrente ha già acquistato le armi in collezione previa autorizzazione dell’Amministrazione resistente, realizzando i richiesti interventi di implementazione dei sistemi di sicurezza; che il ricorrente ha quindi maturato un legittimo affidamento circa la possibilità di mantenere la detenzione delle armi acquistate; che il provvedimento impugnato, incidendo sulle autorizzazioni già rilasciate in favore del ricorrente, in definitiva revocandole, avrebbe richiesto una motivazione puntuale in ordine alla specifica posizione del ricorrente medesimo o in ordine alle particolari condizioni dell’ambito territoriale di riferimento; che nel provvedimento impugnato non viene in alcun modo messa in dubbio l’affidabilità del ricorrente nella detenzione delle armi; che il ricorrente ha documentato come negli anni 2015-2019, il “trend di furti in abitazione, con illecito asporto di armi” nella Provincia di Padova non sia risultata in aumento, bensì in diminuzione (documento 12 del ricorrente); che le ulteriori ragioni esposte nel provvedimento appaiono generiche e non specificamente riferibili al territorio della Provincia di Padova; che in tali condizioni il provvedimento impugnato risulta realizzare un’illegittima revoca delle armi precedentemente autorizzate”.
Da qui, l’accoglimento del ricorso e l’annullamento dell’ordine, da parte della questura, di vendere la parte di collezione eccedente le 100 armi, nel termine di 180 giorni.
Malgrado quanto a suo tempo aveva dichiarato la questora di Padova, all’avvocatura dello Stato resta comunque la possibilità di fare ricorso al Consiglio di Stato, anche se su questi presupposti di motivazione della sentenza, è difficile che il tribunale amministrativo di secondo grado possa rovesciare il giudizio di 180 gradi. Vi terremo, come sempre, puntualmente informati sugli sviluppi.