Nella notte tra il 7 e l’8 maggio il capopattuglia di una volante accorsa alla stazione di Milano-Lambrate in supporto dei colleghi della Polfer è stato colpito con 3 fendenti da un soggetto fuori controllo. Operato per oltre 7 ore, sembra per fortuna non essere in pericolo di vita.
Cosa è successo
Stando alle ricostruzioni offerte a caldo dalla cronaca, un marocchino di 37 anni, tale Hasan Hamis, sarebbe stato intento a lanciare pietre dalla banchina di un binario, in direzione dei treni in transito e sulla strada sottostante, provocando il ferimento alla testa di una donna.
È così che la Polfer a presidio di Lambrate ha chiesto supporto alle Volanti, prontamente intervenute. Una volta rintracciato l’aggressore lungo i binari in direzione Centrale, gli operatori hanno dunque provato ad arrestarne l’azione con il Taser, che però pare non essere stato efficace. Nella colluttazione immediatamente successiva, durante la quale il capopattuglia era intento a immobilizzarlo fisicamente, il marocchino ha quindi estratto un coltello dalla lama di 20 cm e lo ha ferito ripetutamente.
Un mondo di pazzi
Gli episodi di aggressività e violenza sono innegabilmente in serio aumento e, tra questi, preoccupano i gesti privi di senso e finalità quali quello in commento. Se la violenza non è mai accettabile nemmeno quale strumento per perseguire i propri fini, diventa addirittura non comprensibile (comprendere è cosa diversa dal giustificare) quando è fine a sé stessa.
La diffusione incontrollata di stupefacenti lavora non poco sull’equilibrio psichico ed emotivo diffuso di molte generazioni, e questo è un fatto.
L’impossibilità di gestire una massa critica di centinaia di migliaia di individui che, sfuggendo a ogni controllo, si è stabilizzata sul nostro territorio è un altro fatto, soprattutto se si considera che le ondate di soggetti approdati nel “belpaese” sono densamente popolate di criminali di ogni natura (terroristi compresi), di disperati che vivranno qui in condizioni peggiori che nel luogo dal quale sono partiti e che, nella migliore delle ipotesi, hanno inibizioni diverse dalle nostre e un’elevata attitudine a dirimere ogni questione con l’uso, appunto, della violenza.
Terzo, ma non ultimo, un sistema-giustizia che non riesce più a garantire prevenzione e che si presenta totalmente inefficace nella repressione rende il “belpaese” un target davvero appetibile per qualsiasi profilo delinquenziale-predatorio (in numerosi altri contributi abbiamo approfondito la teoria del triangolo delle opportunità criminali).
A farne le spese, ovviamente, tutti noi cittadini e, in primis, chi ancora trova la forza di provare a metterci del suo per proteggerci.
Preparazione e dotazioni
Lo scenario di vera e propria emergenza che abbiamo appena tratteggiato riassuntivamente, dovrebbe far propendere per la necessità di incrementare la formazione e le dotazioni dei nostri operatori. E invece? E invece, in un mondo “sottosopra” quale quello in cui viviamo, la formazione va incrementata, ma contemporaneamente svuotandola di contenuto e le dotazioni vanno formalmente aumentate in numero, ma nella realtà dei fatti limitate al “politicamente corretto” nella possibilità di impiego concreto.
Tra il politicamente corretto e l’effetto Superman
Quando Taser fu introdotto per le Forze dell’ordine ogni persona dotata di capacità di discernimento lo accolse, come è giusto, con entusiasmo. Dal canto nostro, aderendo appieno a quell’entusiasmo, ci permettemmo però da subito di osservare che l’aspetto più delicato sarebbe stato quello di considerare il nuovo dispositivo come uno strumento “in più” e non “al posto di…”.
Cosa significa? Significa semplicemente che deve essere benvenuto ogni dispositivo che offre agli operatori una possibilità più adeguata di gestione di alcuni scenari, arricchendo il numero delle opzioni a loro disposizione nella gestione del force continuum, o escalation of force. Non può essere accettata, però, una visione di un dispositivo come qualcosa che supera e assorbe gli strumenti già in dotazione, quali senz’altro la possibilità di contenimento a mani nude, ma anche l’uso del bastone e dell’arma da fuoco, con ovvio rispetto della proporzione.
Invece la sensazione che vive il cittadino in questa epoca è quella di veder “de-scalare” giorno dopo le giorno le opzioni a disposizione degli operatori, fino a ridurle a un’opzione principale se non unica e politicamente accettata, come Taser, a discapito di ogni altro dispositivo e di ogni procedura.
Su questa strada, cosa accadrebbe se le Forze dell’ordine optassero per dotarsi anche del dispositivo Bolawrap, che tanto successo sta riscuotendo presso le polizie locali? Siccome Bolawrap, a differenza di Taser che è dispositivo less-lethal, è del tutto non-lethal, i nostri operatori sarebbe nei fatti obbligati a partire da lì nella scala del force continuum? Se così fosse, speriamo non vengano dotati di crocifisso, altrimenti dovrebbero partire direttamente dalla preghiera…
Taser, come ogni dispositivo, è soggetto a malfunzionamento e ha precisi limiti di efficacia di impiego, tutti noti, come la presenza di camere d’aria nell’abbigliamento. I suoi limiti lo rendono un cattivo strumento? Assolutamente no! La pericolosità deriva esclusivamente dal considerare uno strumento (l’uno per l’altro) come una sorta di bacchetta magica e parallelamente condizionare psicologicamente gli operatori fino a inibirli all’uso di altri strumenti poiché meno politicamente corretti, arma da fuoco soprattutto.
Dal canto loro, anche le specifiche protezioni passive anti-taglio hanno la loro indubbia utilità tra le dotazioni di un operatore addetto al pronto intervento e controllo del territorio: ma con questo dovremmo arrivare a ritenere che, per il solo fatto di indossare protezioni, l’operatore dovrebbe incassare passivamente le coltellate?
Teniamo poi presente che, già il semplice e solo fatto di indossare protezioni e portare dispositivi può di per sé portare il rischio che qualcuno viva una “sindrome da Superman”, riscontrata dati alla mano in un’interessante statistica che pubblicammo relativa alla diffusione delle protezioni anti-taglio presso gli operatori della sicurezza. In cosa consiste? Consiste semplicemente in una maggior sicurezza percepita dall’operatore per il solo fatto di indossare protezioni, che in diversi casi si è tradotta in un effetto negativo e pericoloso, come una maggior propensione ad accettare rischi che, in altri condizioni, non avrebbe accettato.
In ultima analisi, i nostri operatori (tutti!) meritano un efficace e frequente addestramento individuale e di squadra in diversi scenari e, dato ancor più importante, nella modularità del loro sviluppo: capacità di osservare e valutare uno scenario, capacità di intervento coordinato, capacità di passare repentinamente da un livello di pericolosità a uno superiore, da una tattica a un’altra, da uno strumento a un altro, devono aumentare i livelli di salute e sicurezza sul lavoro anche di chi, per diritto e per scelta, ha un fisiologico dovere di esporsi al pericolo.
L’assalitore e il paese dei balocchi
Hasan Hamis risulta aver soggiornato in carcere a nostre spese dal maggio 2000 al luglio 2023. Aveva anche disatteso un ordine di espulsione.
Solo pochi giorni fa, per la precisione il 5 maggio, aveva scagliato aggressività contro il personale di bordo di un treno Italo e, fermato alla stazione di Bologna, era stato denunciato poiché in possesso di un pericoloso rasoio.
Aspettavamo il culmine della sua escalation? Chi si prende più in carico persone instabili? Chi argina le potenzialità offensive di persone pericolose? Chi garantisce l’effettività delle pene e la loro efficacia? La barca sembra andare senza vele né timone che, tanto, a ogni urto sugli scogli qualcuno correrà a mettere una pezza. Certo è che, così, vien difficile immaginare di poter tracciare seriamente una rotta.
Solo un’ultima cosa. Ovviamente nulla sappiamo di preciso sullo svolgimento dei fatti che, per quanto ci riguarda, sono solo lo stimolo per fermarsi a condividere qualche riflessione. Ma perché riportare nella cronaca nome, cognome e grado dell’operatore (oltre a ufficio di appartenenza e addirittura turno…)?
Forse, anche l’esposizione mediatica è un torto che potremmo risparmiare ai nostri operatori, che ben potrebbero ricevere gli attestati di stima e gratitudine direttamente nel proprio ambiente professionale.
Noi, in forma anonima, siamo grati per la determinazione nell’intervenire e auguriamo davvero sinceramente pronta guarigione.